L’Illusione Nucleare di Brand

E’ stato presentato in Italia il libro Una cura per la Terra, scritto da Stewart Brand, “eco-pragmatista”.

Nel libro Brand capovolge il punto di vista ambientalista convenzionale, motivando e appoggiando le sue tesi “pragmatiche”. In particolare, Brand rivaluta il nucleare, considerandolo un modo sicuro per ottenere una grande quantità di energia pulita, e abbattendo i pregiudizi degl’ambientalisti “teorici”.

Brand non ha tutti i torti a riguardo. Il nucleare è attualmente l’unico modo per poter ottenere grandi quantità di energia, con emissioni di gas serra intermedie tra l’uso di combustibili fossili e fonti rinnovabili (come asserisce l’organizzazione non governativa, indipendente, Oxford Research Group, nel documento redatto nel 2007 Secure Energy? Civil Nuclear Power, Security and Global Warming).

Ma se il nucleare è più conveniente in termini di emissione di gas serra rapportata all’energia prodotta, perché non sostituisce le centrali a combustibili fossili? Una domanda corretta che esige una spiegazione di come funzioni una centrale nucleare.

Le centrali nucleari sono molto simili nella logica a tanti altri tipi di centrali elettriche. Il paradigma di fondo consiste nel riscaldamento di acqua che viene portata a vapore, il quale tramite la sua energia cinetica mette in funzione delle turbine, le quali trasformano questa in energia meccanica. Successivamente un alternatore tramuta quest’ultima in energia elettrica.

La peculiarità di queste centrali sta nel loro cuore, cioè nel sistema che permette la vaporizzazione dell’acqua: la fissione nucleare.

Il termine fissione significa rottura, divisione. L’elemento “divisibile” è l’atomo che viene diviso in parti più “semplici”. La fissione dell’elemento “pesante” in elementi più “leggeri”, libera un quantitativo di energia immenso che viene utilizzato per la vaporizzazione dell’acqua (scopi civili) o per generare un’esplosione atomica (scopi bellici), basti pensare ad Hiroshima, colpita da una bomba atomica all’uranio e Nagasaki, colpita da una al plutonio. La differenza tra le due razioni, quella che avviene in una centrale e quella che avviene in una bomba, è che la prima è controllata la seconda no.

Gli elementi utilizzati maggiormente per la fissione nelle centrali sono l’Uranio ed il Plutonio. Questi sono elementi “pesanti”, la cui massa è tale da renderli instabili, ossia decadono (perdono massa) spontaneamente in un lasso di tempo determinato, trasformandosi in elementi sempre più leggeri e stabili (il decadimento libera radiazioni di vari tipi e vario grado di pericolosità per la salute).

Di questi elementi sottoposti a fissione, vengono presi preferibilmente alcuni isotopi (il 235 per l’Uranio ed il 239 per il Plutonio), cioè specie particolari dell’elemento con una massa differente (potremmo dire più adatta allo scopo delle centrali nucleari).

Siccome questi isotopi sono una minoranza rispetto alla specie più diffusa (dell’Uranio totale il 99,3% è costituito da U238, il restante 0,7% è da spartirsi tra l’U234 e U235) c’è bisogno di concentrare la specie d’interesse (U235) al fine di rendere efficiente la reazione. Questo processo è detto arricchimento (che si serve di notevoli quantità di acqua e di roccia estratta).

La reazione prende inizio con il bombardamento dell’elemento con neutroni (particelle subatomiche) i quali inserendosi nei suoi nuclei causano il suo decadimento e quindi la fissione in elementi più leggeri e radiazioni (energia). Tale reazione è considerata “a catena” in quanto si autoalimenta e cresce esponenzialmente (ma è sempre sotto controllo). I prodotti di questo processo sono (oltre all’energia) vari materiali radioattivi, detti scorie. Ed è qui che l’ottimismo pro-nucleare perde credibilità.

Scorie sono dal camice dell’operatore della centrale alle strutture della stessa (una centrale ha in media una vita massima di 50 anni, dopo di che deve esser smantellata, il sito bonificato e le scorie stoccate) fino agl’elementi radioattivi prodotti proprio dalla reazione. Questi ultimi sono considerati i più pericolosi, poiché tendono a perdere la loro radioattività (decadere fino ad uno stato stabile energeticamente) dopo decine di centinaia di anni (tempi così lunghi che rapportati alla vita dell’uomo possono esser considerati eterni).

Brand spiega come questo problema possa esser risolto (o meglio, arginato). Le scorie prodotte possono esser sia vetrificate (si fonde il materiale radioattivo con del materiale inerte, creando dei “lingotti”) e stoccate in contenitori in acciaio e conservate in modo permanente in siti geologici specifici, che riprocessate, ossia rielaborate in modo da riottenere un nuovo “combustibile” (detto MOX, una miscela di uranio e plutonio) il quale potrà esser riutilizzato nelle centrali adatte (ottenendo comunque delle scorie radioattive finali).

La falla è chiara. La soluzione di Brand è un’illusione. Nascondere la polvere sotto il tappeto, non significa di aver pulito casa. Il problema sarebbe risolto solamente nel presente. Il futuro (i nostri figli, nipoti e così via) rimane scoperto.

Anche se le generazioni future avranno maggiori e migliori tecnologie e conoscenze, non è detto che riescano a risolvere il problema della neutralizzazione delle scorie per tempo (questo non è pessimismo ma semplice beneficio del dubbio). Per questo, sarebbe da parte nostra insensato ed egoista il voler accollare ad una generazione ancora non nata un problema grave come questo (uno tra tanti).

Se ci concentrassimo esclusivamente sul nucleare, le tecnologie per la produzione di energia da fonti rinnovabili diventerebbero pericolosamente obsolete.