L’assurdità delle pellicce fatte con animali morti in strada

Mi capita di andare in giro e lanciare occhiatacce a signore in pelliccia, lo confesso. Magari loro non si rendono neanche conto del perché ricevono un tale sguardo di disapprovazione e comunque non se ne interessano. Io però non posso farne a meno quando le vedo coperte di animali morti. Perché le pellicce sono questo, animali morti che gli esseri umani utilizzano per coprirsi o agghindarsi in inverno quando fa freddo come se fossimo ancora all’età della pietra.

Per questo non capisco e non concepisco le “pellicce etiche“. Le chiamano così perché provengono da animali morti non ammazzati per l’occasione ma morti per altri motivi come ad esempio da animali investiti. L’idea in questo caso di utilizzare i “petit mort” è di una stilista Pamela Paquin che utilizza per le sue pellicce animali morti perché coinvolti in incidenti stradali, investiti. La linea si chiama proprio “Petit mort” e vuole essere un modo per non sentirsi in colpa nell’indossare una pelliccia perché tecnicamente non si è causata la morte dell’animale si è solo approfittato del suo coinvolgimento in un incidente.

La maggior parte degli animali utilizzati nella linea Petite Mort varriva dall’Highway Department and Animal Control, autorizzato a raccogliere i cadaveri delle vittime della strada. Gli animali vengono trattati e ogni pezzo della collezione ha un badge in cui si specifica il tipo di animale, la certificazione che il capo è stato fatto con la pelle di un animale morto sulla strada e il luogo preciso dove è stato ritrovato.

Per ora la risposta del mercato della moda (i prezzi sono comunque altissimi) è buona, gli animalisti invece si sono schierati contro perché la linea “Petit Mort” di pellicce incoraggia l’uso di questi capi, proprio ora che si era avviata una rivoluzione culturale verso tessuti etici sul serio!

Come dire, Petit Mort e pellicce etiche, bocciata tutta la “linea”.