Intervista al Viaggiatore: Gaetano Appeso

Piena estate, tempo di viaggi. Qui tra gli articoli di Econote, troverete sempre spunti su come viaggiare in modo corretto e sostenibile. Per questo motivo l’intervista a Gaetano Appeso, viaggiatore, fotografo e scrittore che ha viaggiato a lungo in Asia, Oceania e in Sudamerica, ci sembra ancora più utile e interessante.  Buona lettura.

Cosa ti ha spinto a intraprendere i primi viaggi?

La curiosità. Ho iniziato a viaggiare all’età di venti anni e quel viaggio lo ricordo ancora benissimo: sacco a pelo e zaino in spalla, sono andato a trascorrere alcune notti nella brughiera inglese, tra i monoliti di Stonehenge. Poi è stato un crescendo, ho osato sempre di più fino a ritrovarmi ad attraversare la foresta amazzonica. Mi sono ritrovato a dormire all’interno di capanne di paglia accolto dalle tribù locali, a mangiare ratti per onorare la loro tavola e a soffrire per la mancanza di tutte le comodità a cui ero abituato. Ma mi sentivo libero. E lo ero.

Qual è la tua storia? Hai lasciato un lavoro stabile per viaggiare a tuo piacimento, o riesci a conciliare le due cose?

Da Ufficiale della Marina Militare ho sempre visto le sciagure del mondo protetto dall’acciaio delle navi da guerra. Quello che accadeva sulla terraferma, guerre, catastrofi naturali, esodi per i quali venivamo inviati a prestare soccorso, a dare manforte o, semplicemente, a monitorare veniva vissuto con una sorta di freddo distacco. Anche quando la nave entrava in porto per gli approvvigionamenti e ci veniva permesso di scendere a terra in franchigia, per ragioni di sicurezza non ci è mai stato possibile vivere, conoscere, scoprire la popolazione locale; condividere il loro malessere, il loro dolore.

Un giorno è successa una cosa per me molto significativa. Poco dopo essere tornato a casa da un’esperienza devastante in un Paese che nel recente passato è stato martoriato dalla guerra, mi sono fermato a guardare un papà che lasciava il proprio figlioletto a scuola e lo riempiva di amorevoli bacini. Quel tenero quadretto mi ha richiamato alla mente una storia molto triste, raccontata dalla stessa, tremolante voce del malcapitato protagonista, incontrato mentre ero in giro tra le strade della Cambogia. Il suo papà lo aveva volutamente mutilato quando era piccolo per garantirgli un futuro chiedendo l’elemosina in un sito frequentato da turisti. La mancanza di un arto, accompagnato da uno sguardo triste e perso, avrebbe fortemente urtato la sensibilità dei passanti che avrebbero sentito l’obbligo di lasciare qualche monetina. La cosa triste era che funzionava. Non ne avevo mai sentito parlare in televisione, alla radio o in un qualsiasi notiziario. Se non avessi incontrato quel ragazzo e non mi fossi fermato a parlare con lui, non avrei mai scoperto quella nefasta ed incredibile realtà. E chissà quanto altro ancora accade nel mondo, nel bene e nel male, nella nostra cieca visione delle cose. D’un tratto mi ha pervaso la consapevolezza di quanto fosse inutile il mio essere, pieno di futile sapienza ma vuoto di reale coscienza. Ho messo uno zaino sulle spalle e sono partito. Sono partito per conoscere il mondo. E per raccontarlo nella sua meravigliosa e spietata realtà.

Per il momento riesco a conciliare viaggi (e attività letteraria annessa) e lavoro. In futuro non so, forse sarò costretto a fare delle scelte difficili, l’aver conseguito il premio Libro dell’Anno 2018 ha fatto arrivare sulla mia casella di posta elettronica alcune interessanti proposte da case editrici note.

Come hanno preso le tue scelte amici e parenti?

Non riesco a rimanere fermo in un luogo troppo a lungo. A volte mi sveglio la mattina e decido di partire, anche per pochi giorni. Il mio zaino è sempre pronto. Le persone che mi conoscono lo sanno bene, ormai non restano più sorprese se la sera prima beviamo una birra insieme e il giorno dopo vedono pubblicato un mio post da qualche luogo sperduto del mondo.

Cosa significa per te decrescita felice e come si applica ai tuoi viaggi?

Considero lo sviluppo della nostra società un treno in accelerazione, che si spinge verso l’ignoto. L’attuale tendenza alla crescita, che ha caratterizzato lo sviluppo dell’umanità negli ultimi due secoli, sta iniziando a lasciare terrificanti cicatrici sull’ambiente, dovuto all’aumento demografico e al progresso tecnologico. Credo sia necessario un ridimensionamento dei consumi, e quindi della produzione economica, con l’obiettivo di riequilibrare le relazioni tra uomo e natura, in un’ottica di sviluppo sostenibile.

I miei viaggi sono poveri per scelta. Non metto piede in alberghi o ristoranti, preferisco il sacco a pelo e la cucina locale. In primo luogo per vivere la quotidianità e lo spirito del luogo visitato condividendo cibo, acqua e aria con gli abitanti del luogo. E poi per non alimentare l’industria del turismo, che oltre a produrre profitto per le grandi multinazionali, sta alterando l’autenticità di culture e luoghi.

 

Hai scritto alcuni libri sui tuoi viaggi. Li scrivi durante i viaggi o al tuo ritorno?

Ho pubblicato tre libri:

  • E-mail dall’Amazzonia;
  • Tiancháo – Taccuino di un viaggio in Oriente;
  • Mesoamerica – Sulle tracce del Serpente Piumato.

Sono tutti resoconti di viaggio, tutti e tre scritti durante l’esplorazione di quelle zone. Con me l’immancabile taccuino, fedele compagno d’avventure, sul quale annoto le mie esperienze. Una volta scrissi:

“Guardare una strada, quali sensazioni può mai regalare al viaggiatore. Dove porta?, Quali luoghi attraversa?, Chi l’ha percorsa prima di me?.

Fermarsi a guardare un panorama, l’espressione della natura.

Ritrovarsi dinnanzi una costruzione, apprezzarne i detta-gli architettonici fino ad immaginarne l’opera che l’ha realizzata.

Incontrare la gente del luogo, assaggiare il loro cibo, bere il loro vino. Continuare a riflettere sui loro sguardi, sui loro sorrisi quando, porgendo loro le spalle, si prosegue verso l’ignoto.

Poi arriva la sera, quasi come un rito. Il sole cala, si accende il firmamento, ci si rifugia nel proprio nido. Si ripensa a tutto ciò che ha regalato la giornata, emozioni, sapori, odori. Ripercorrere la tappa di un viaggio imprimendone i ricordi sulle pagine di un taccuino, fedele compagno d’avventure. Ed è così che il suono della sabbia che scroscia giù da una duna, la sensazione di affondare i denti in un succoso frutto appena colto, il disappunto per il ritardo di un treno, vengono tradotti nel codice dell’inchiostro e conservati per secoli, finché la carta lo permette.

Poi, nella clessidra, l’inesorabile sabbia del tempo scorre, gli anni passano, i ricordi si cancellano.

Un giorno si scorge il taccuino impolverato su uno scaffale, lo si apre e, iniziando a leggere, ci si ritrova lungo la via percorsa.

Buon viaggio, dunque.”

 

Nei tuoi numerosi viaggi, dimmi: un posto che ti  ha deluso e un posto che ti ha sorpreso?

In verità nessun luogo mi ha mai deluso, ma l’ho sempre accettato per quello che era, traendone solo insegnamenti, nel bene e nel male. Una terra che mi ha sorpreso, invece, è stata l’Australia. Meravigliosa ed esotica, ha conquistato la mia mente ed il mio cuore. La globalizzazione sta trasformando le città rendendole simili: i centri storici pullulano di Mc Donalds e di pullman turistici hop on hop off, essere a Parigi, Mosca o Berlino non fa differenza; la sensazione è quella di essere dietro l’angolo di casa. Una notte mi trovai nell’Outback australiano e mi fermai a guardare il cielo stellato. Da appassionato di astronomia ho trascorso molto tempo ad osservare gli astri e conosco molto bene le costellazioni. Ma quella notte nel deserto australiano rimasi colpito. Dall’Australia, che come tutti ben sanno si trova nell’emisfero australe, è possibile vedere delle costellazioni che non si vedono dall’emisfero boreale. Conoscevo questo particolare ma vederlo dal vivo è stato incredibile: avevo la sensazione che tutte le stelle fossero sistemate male, mi sembrava di vedere un cielo alieno. In quel momento realizzai di essere, davvero, molto lontano da casa.

Su Econote parliamo spesso di natura. Quale è stato il paese “naturalisticamente” più bello?

Decisamente l’Indonesia. Quella immensa corona di isole vulcaniche circondate da un oceano limpido e azzurro, è divenuto l’habitat per migliaia di piante e specie animali. Saltare da un’isola all’altra significa cambiare pianeta. Una natura fantasiosa si è divertita ad adornare ogni isola con diverse forme e diversi colori, offrendo agli occhi del visitatore uno spettacolo indimenticabile. Variopinta anche la livrea di differenti gruppi etnici sparsi su tutto l’arcipelago, oltre trecentocinquanta. L’ho visitata per molte settimane, accolto dalle comunità locali che si sono rivelate molto ospitali. Non dimenticherò mai il vecchio Tomok, capo di uno dei villaggi che affacciano sul lago Toba, sull’isola di Sumatra. Si arrabbiò tanto con alcuni membri della sua tribù perché mi avevano sistemato al piano terra della rumah batak (capanna locale); sebbene il mio alloggio fosse pulito e decoroso, solitamente quello è il posto di ricovero degli animali.

“Addio vecchio re, buona vita.”

Quali sono le piccole e le grandi scelte che fai per rispettare l’ambiente?

Il nostro bel pianeta è sempre più affollato e le risorse non sono illimitate. Il benessere spinge sempre più persone a partire e il turismo ha un impatto sempre maggiore sul sistema economico e, soprattutto, sull’ambiente: le strade si riempiono di automobili e i mari di plastica. Nel mio piccolo cerco di essere un viaggiatore leggero, scelgo di utilizzare mezzi pubblici o a emissioni zero (bicicletta) per gli spostamenti locali, che, tutto sommato, a volte si rivelano più veloci oltre che più economici. Non ho mai messo piede in un villaggio turistico, non sopporto l’idea di essere rinchiuso all’interno di qualcosa di finto, ma soprattutto non sopporto il pesante impatto ambientale e sociale di queste strutture, che contribuiscono alla cementificazione di luoghi naturali e portano turismo di massa decisamente poco sensibile e poco rispettoso, che inquina l’ambiente e le tradizioni locali. Utilizzo la borraccia invece di bottiglie di plastica, un coltellino multifunzione che è anche forchetta, cucchiaio e forbici, buste di stoffa riutilizzabili, sapone di Marsiglia per il bucato (nel mio zaino non manca mai una corda per stendere i panni). Sono piccoli accorgimenti, ma mi regalano tanto: la sensazione di essere un tassello che compone il mosaico naturale che avvolge il nostro meraviglioso pianeta.

Che progetti hai nel breve-medio periodo? continuerai a viaggiare?

È la mia missione: mai smetterò di viaggiare finché ci sarà energia in queste fibre. Vorrei vedere il mondo, nella sua complessità di luoghi e popoli. Ho già visitato tanti luoghi stupendi ed esotici. In questo momento sto lavorando sul mio prossimo progetto di viaggio: l’India. Vorrei partire dal delta del fiume Gange per, poi, risalirlo fino alle sue sorgenti in Tibet, saltando di villaggio in villaggio lungo il suo corso. Condividere e descrivere la vita e le vestigia di quelle comunità che per millenni hanno vissuto sulle rive del sacro fiume, forgiando su di esso le proprie leggende e tradizioni. Un lungo viaggio di riflessioni, emozioni e sensazioni da cogliere attimo per attimo, lungo le affollate e polverose vie del magnifico continente indiano.