Intervista alla viaggiatrice: Paola Sangiovanni

Viaggia da quando è piccolissima, lavora da più di 15 anni nel settore della comunicazione, da dopo il lockdown si è resa conto di voler provare nuove esperienze lavorative, e di volerle fare in giro per il mondo: Paola Sangiovanni da 4 anni ha deciso di mollare Milano e girovagare un po’.

Quando le ho chiesto una bio in poche righe, non ha avuto dubbi. “Non surferò mai come Utah in Point Break né diventerò mai una viaggiatrice esperta come Tiziano Terzani, ma non smetterò mai di farmi stupire dal mondo. Ho 40 anni (ebbene sì) e sono nata a Napoli, 4 anni fa ho deciso di mollare per lunghi periodi la città dove lavoravo – Milano – e andarmene un po’ in giro.

Le ho fatto alcune domande per comprendere il suo percorso lavorativo e di vita, e il lato green dei suoi viaggi.

Guadalupe
  • Cosa ti ha spinto a intraprendere i primi viaggi?

A sei mesi ero già in Jugoslavia (allora si chiamava ancora così), direi quindi che la passione per i viaggi è opera dei miei genitori. Devo anche molto ad un ragazzo conosciuto quando avevo 18 anni che era appassionato di Sudamerica: con lui sono stata prima in Egitto poi in Venezuela poco dopo l’ascesa di Chavez, era già un Paese allo sbando, con un gap fortissimo tra povertà e ricchezza e si poteva facilmente prevedere quello che sta succedendo oggi.

Lo stimolo a viaggiare mi è venuto sicuramente da elementi esterni – cinema, libri, storie che senti da amici – ma anche dal desiderio interiore di uscire dalla comfort zone, mettermi alla prova in situazioni di difficoltà, curiosare nella routine di altri popoli. Non penso che necessariamente sia un’esperienza che apra la mente, ma permette di scoprire aspetti di noi stessi che altrimenti resterebbero a sonnecchiare sotto le calde coperte del tran-tran quotidiano.

  • Qual è la tua storia e come sei arrivata fin qui? Hai lasciato un lavoro stabile per viaggiare a tuo piacimento, o riesci a conciliare le due cose?

Il lavoro da remoto e i viaggi sono due scelte nate da momenti di grande buio.

Ho sempre lavorato in ufficio, ma dopo quasi 15 anni in agenzie di comunicazione varie non riuscivo più a crescere:  ero insoddisfatta. Ho provato a cercare lavoro in azienda, ma forse a causa anche della mia età, non sono riuscita a trovare opportunità interessanti. Ho quindi provato la sfida di lavorare da freelance ed è andata bene… almeno finora!

Lavorando nel settore digitale, leggevo spesso  le storie delle persone che viaggiavano lavorando – i famosi digital nomad – con grande ammirazione, ma pensavo che fossero esperienze impossibili da emulare: “Mah… sicuramente avranno lavori ben pagati o rendite”. Invece non è vero, basta metterci un po’ di testa e di volontà. Nel mio caso,  quello che mi ha spinto ad andarmene dall’Italia e a iniziare questo percorso, è stato il Covid: lo sfilacciamento dei rapporti personali, l’incubo di ripetere un altro lock-down a casa, il desiderio di riprendere a vivere dopo 2 anni di blocco.

  • Come hanno preso le tue scelte amici e parenti?

Non posso dire di aver fatto una scelta, non ho mai detto: “Viaggio per i prossimi anni”. Ho seguito dove mi portava la vita e quello che la mia testa mi diceva. Finché sto bene in un luogo ci resto, se non mi soddisfa più cambio. Devo dire che non è sempre facile abituarsi a contesti nuovi, ci vuole tempo, sforzi, si affrontano momenti difficili e gli amici di sempre e la famiglia sono di grande supporto.

California
  • Cosa significa per te decrescita felice e come si applica ai tuoi viaggi?

Il sistema consumistico è purtroppo parte integrante della nostra cultura: ci riempiamo di roba inutile, siamo tutti accumulatori seriali! Non avere una casa e doverti muovere spesso ti porta inevitabilmente a dover centellinare i tuoi acquisti e ti permette di valutare quanto in passato hai speso per oggetti, abiti, creme e chi ne ha più ne metta. Oggi, ogni volta che voglio comprare qualcosa, penso: “Mi serve VERAMENTE?”

  • Quali sono le piccole e le grandi scelte che fai per rispettare l’ambiente?

Dirò banalità che spero facciano la maggior parte delle persone: raccolta differenziata, mai buttare niente per terra, evitare al massimo l’approccio “compra a pochi euro e butta”. Ho fatto qualche volta volontariato per pulire le spiagge e non puoi immaginare la quantità di filtri di sigaretta che abbiamo raccolto. Possibile che c’è ancora gente che butta i filtri in spiaggia?

  • Ti consideri una nomade digitale? Cosa significa questa dicitura, secondo te?

No, e non mi considero neanche una viaggiatrice provetta. Sono stata in tanti posti dove vivevano i nomadi digitali – tantissimi sono del nord Europa – e purtroppo c’è un grosso tema legato all’occupazione di territori da parte di masse di persone con una possibilità economica molto alta rispetto alla zona che viene occupata: i prezzi si alzano, soprattutto quelli delle case, e i residenti sono costretti a spostarsi in zone molto lontane dal luogo di lavoro. Alle Canarie l’accesso alle case per i residenti è un tema di enorme importanza che sta iniziando a creare anche un movimento di odio nei confronti di quelli che sono considerati “colonialisti”.

Ovviamente la responsabilità non è né dei nomadi digitali né dei locali, ma della politica che non sa gestire i flussi turistici proteggendo i residenti. Chi vive nelle grandi città italiane lo sa bene!

  • Il posto più bello e il più brutto che hai visitato?

La California è entrata nel mio cuore appena sono atterrata: amore a prima vista. Viaggiando per i vari parchi mi sono resa conto che è proprio un luogo straordinario

Da un punto di vista naturalistico, invece, sono rimasta tristemente stupita dalla quantità di plastica che il mare rigurgita sulle coste a sud di Bali, splendide spiagge piene di plastica, cannucce, pannolini e tutta la spazzatura che abbiamo creato. Mi ha messo una grande tristezza. Ho trovato che c’è l’associazione Trash-Hero che opera anche qui, sicuramente andrò a fare qualche raccolta di spazzatura in spiaggia!

California
  • Cosa ti ha insegnato viaggiare?

A stare da sola, a capire che le persone sono la grande risorsa della nostra esistenza, ma è importante godere anche di sé stessi senza riempirsi il calendar di attività o guardare continuamente il cellulare. Soprattutto, penso che viaggiare insegna che nessun luogo ti fa stare bene o ti rende felice: tutto dipende dallo testa. Quindi meno ci annoiamo con noi stessi e più impariamo ad apprezzare la compagnia degli altri.

  • Che progetti hai nel breve-medio periodo? continuerai a viaggiare?

Per ora farò qualche mese in Indonesia, poi vorrei tanto fermarmi. Trovare una casa vicino al mare dove organizzare delle cene con gli amici, fare surf ed essere felice così, semplicemente. Hai mai visto “Mediterraneo” di Salvatores? Sogno quella dimensione ferma nel tempo in cui la parola stress, ansia e depressione non è ancora arrivata, in cui si sta insieme in una piccola comunità e si gode la bellezza della natura.