Parola d’ordine: decrescere!

Uno dei principali pregi della scrittura di Serge Latouche è quello di riuscire ad esporre significati intensi in maniera lucida, ma soprattutto, secondo la migliore tradizione dell’immaginazione sociologica, partire da nodi essenziali del nostro quotidiano che vengono sciolti in maniera chiara e lineare. In questo suo ultimo libro, La scommessa della decrescita (giunto alla terza edizione italiana) il sociologo francese vede quello della decrescita come una scommessa,appunto, dalla quale l’umanità ha solo da vincere. Non bisogna però incorrere nell’errore di considerare la decrescita il contrario della crescita, ma come un processo di cambiamento radicale, di decostruzione del nostro modello di sviluppo dove a trionfare non è la logica utilitarista ma bensì il “buon senso”. Come sempre Latouche scongiura il rischio di una immedesimazione romantica di mutamento e lo fa partendo da dati attuali, il numero di oggetti posseduto dai francesi è di circa 10.000 contro i 256 dei navajo. Da questo è possibile dedurre il paradosso della società capitalista, se siamo così impegnati ad accumulare valori materiali allo stesso tempo ci consideriamo come la società del ben-essere. Il Pil sembra però non incidere significativamente sulla nostra serenità o felicità e molti giovani sono pronti ad affermare che la vita vissuta dai loro nonni, se non anche dai loro genitori, era molto più facile e soddisfacente. Acquisita la consapevolezza di vivere nella società del ben-avere, dove l’induzione di bisogni materiali porta al forsennato consumo di beni, bisogna cercare di stabilire nuove priorità che esaltino la società a livello locale e richiamino stili di vita più frugali.
Il primo passo da compiere per decrescere è la decolonizzazione dell’immaginario (efficace definizione utilizzata già nei sui precedenti testi), se il nostro immaginario è stato totalmente invaso dalla smania si consumo, allora dobbiamo cercare di disfarcene. La disintossicazione avviene soprattutto ritrovando il senso del limite che si viene a stabilire grazie ad un nuovo rapporto con la natura e coi doni che essa ci procura. Latouche traccia un piano d’azione attraverso le “quatto R”: rivalutare, ridefinire, ristrutturare, rilocalizzare, ridistribuire, ridurre, riutilizzare, riciclare. Decrescere quindi significa arrestare prima di tutto il depredamento della natura e l’intero ciclo che si viene ad innescare: dalla produzione al consumo, passando per i trasporti e quindi l’inquinamento e la creazione di rifiuti organici e non, al fine di vivere in un ambiente più bello e godibile, seppur facendo una vita più sobria e frugale. Lo sguardo è sempre teso ai paesi a Sud del mondo, all’Africa, che l’autore ha definito il laboratorio della post-modernità. A quei luoghi dove il mercato è incontro, dove nello scambio predomina il legame e non il bene, dove l’ossessione economica scompare e la “famiglia” è una unità di produzione e di consumo. E’ proprio dallo stile di vita di queste popolazioni che dovrebbe arrivarci l’insegnamento per la nostra salvezza, il buon senso di oggi per una società più vivibile domani.

Per approfondire:
Serge Latouche, La scommessa della decrescita, Feltrinelli, 2007
Serge Latouche, L’Altra Africa. Tra dono e mercato, Bollati Boringhieri,2000
G.E.