Buon carbone!

Come ogni mattina, una renna in particolare si alza prima di tutte le altre dal suo giaciglio paglierino, e, sbadigliando si dirige alla fonte per pulirsi le corna; dopodiché non le resta che apprestarsi alla consueta corsa mattutina in vista della ricorrenza natalizia che sarebbe capitata di lì a pochi giorni. Sbrujù non è decisamente quel tipo di animale che definiremmo intelligente, ma per sopperire alla sua debolezza ha deciso di allenarsi ogni giorno per essere la renna più forte e pronta.
Conclusasi in bellezza la galoppata attorno alla costellazione del sagittario, ecco che la renna Sbrujù può concedersi la meritata colazione. Alto, snello e dalle grosse corna, sbaglia diverse stalle prima di giungere alla sua. Ora entra distrattamente in quella giusta, si sistema davanti alla mangiatoia, zampetta un poco per l’ingenua felicità e rimira la ciotola. La bestiola non ha il tempo di sgranare gli occhi, che uno spavento inaspettato la fa cadere a terra, svenuta, con la lingua di fuori.sbrujù

La notizia si diffonde immediatamente, e in un attimo tutte le renne sono a verificare con i loro occhi. Tutti gli animali, quella mattina, dopo il risveglio, hanno trovato nella propria ciotola una sorpresa che a lasciar’ secchi poco ci manca. Al posto del dolciastro carbone di cui le renne natalizie vanno matte, che poi è anche quello che scherzando sulla Terra viene dato ai bambini cattivi, vi erano grossolani, opachi, incommestibili pezzi di carbone vero. Carbone dal sapore spregevole, senza alcuna utilità per gli armenti magici.
In un attimo venne costituita un’assemblea.
-Attenzione, attenzione!- ripete la più vecchia delle renne tra il brusio agitato di sottofondo –Oggi come sapete è successa una cosa spaventosa. Al posto del Carbon di zucchero, dappertutto è stato ritrovato dell’impuro carbone terrestre.
-Le talpe hanno combinato qualche pasticcio!- interviene qualcuno
-Le talpe raramente sbagliano. Nostre abilissime collaboratrici, da anni scavano le grotte per cercare il cibo di loro interesse e ci forniscono ogni mattina gli scarti di carbon di zucchero, che invece piacciono a noi. È strano che si siano messe a maneggiare del carbone vero. Può trattarsi di un errore, come può essere successo qualcosa alle Grotte dolcine. Ora, non solo io credo di avere fame, e se la situazione è davvero drastica come promette c’è bisogno di un intervento. Propongo che qualcuno vada in spedizione a verificare – Un groviglio di voci esplode nella stanza.
-Mandiamo una squadra di renne- suggerisce Renata, che sta aiutando Sbrujù a rimettersi in sesto. -No, andiamoci tutte è meglio se c’è un pericolo!-  -Si ma Natale è vicino, dobbiamo continuare i preparativi… –
-Mandiamo Sbrujù! È stato lui il primo a scoprirlo.- Il giovane Sbrujù sentendosi chiamare scatta sull’attenti. Muso allungato, sguardo nel vuoto, bocca appena inarcata.
Ma non voleva prender parola, è sempre stata così la sua espressione più eloquente.
Il saggio lo squadra dalle corna alle unghie, e non pensa che da solo possa farcela. –Ci andrà anche Renata con lui, una delle renne migliori. È deciso, affrettatevi alle Grotte dolcine e scoprite ciò che è successo. Non dimenticate di passare prima da Santa Claus, ha detto che un suo amico si è già prestato di aiutare per la causa.-

Dopo gli auguri e i regali per il viaggio, i due avventurieri partono alla volta della casa di Santa Claus. Questi, viene trovato accucciato in un angolino della dimora: aria disperata, imbottito di antidolorifico per il mal di testa e attorniato di folletti che lo consolano.
L’anno scorso, si era accorto che consegnava i regali sempre alle solite case, mentre su molte teste volava sopra facendo finta di niente. Aveva così pensato di fare cosa gradita, creando lui stesso dei doni e consegnandoli a chi non riceveva nulla. Beh, molti sulla Terra si arrabbiarono e venne minacciato di perdere il titolo alla prossima scempiaggine.
Appena Santa Claus venne a sapere dello scherzo del carbone, pertanto, pensò subito al peggio, sentendo minata la buona riuscita del Natale.
Renata gli si avvicina: -Nicola, partiamo per le grotte tra poco…non ti deprimere, troveremo il problema-
-Eh… sì. Avete ragione, contiamo su di voi- il vecchio barbuto si alza lentamente e con voce truce continua –Non sarete soli, una divinità vi attende qua fuori per aiutarvi-.
Gli ungulati salutano Nicola ed escono dal palazzo. All’esterno un’ondata di calore li investe e tra la luce abbagliante scorgono la sagoma di un uomo dal torso nudo adornato dalla sola faretra. I suoi cavalli scalpitanti spirano fuoco e bruciano il manto tra fiamme rosse. Ma certo, il Natale in fondo è legato anticamente ai cicli del Sole, è un po’ la festa di tutti, chi più di Apollo non vorrebbe problemi durante i festeggiamenti?

Babbo

Rassicurati di essere sotto la guida di un grande come la divinità, i due compagni di viaggio si fanno forza e proseguono lungo la strada che li avrebbe portati alla risoluzione del mistero. Renata era un po’ agitata, capiva la responsabilità che cadeva su di lei. Sbrujù non era mai stato più felice di fare una scampagnata tra le stelle.
I tre viaggiatori giungono alle Grotte dolcine. Si aspettano di trovare le talpe a lavoro e invece nel luccichio delle dolci pareti della miniera si trovano da soli. Escono perplessi dai tunnel scuri e vanigliate pensano al da farsi, quando improvvisamente Sbrujù scappa al trotto verso un’altra galleria. Inutili sono i richiami di Renata e Apollo. Non resta che addentrarsi nel tunnel dove la sconsiderata renna si è cacciata. Il dio brandisce l’arco e fa strada.
L’aria cambia, non è dolce come nella precedente galleria. Anzi a dire il vero non è aria; è fastidiosa polvere. Nemmeno una luce illumina il tragitto.
Eccole le talpe! Assieme a loro lavoravano in questa pietosa condizione anche degli uomini. Gli avventori si chiedono il perché. Come se gli avesse letto nel pensiero, una talpa si fa avanti a spiegare che lì si estraeva il carbone vero e proprio. La miniera stessa le aveva chiamate perché sulla Terra, gli uomini hanno sempre più bisogno di carbone per produrre energia, e i suoi poveri operai non tengono il passo con la produzione, anche perché sono molti a morire nella grotta.

Apollo è sconcertato, posa l’arco a terra e raduna i pensieri. Dall’altra parte del tunnel vede gli occhi di Sbrujù riflettere la luce esterna, e allora gli viene un’idea. Il dio prende una punta di ferro delle sue frecce e con un pugno l’appiattisce, poi cattura un raggio di sole di primavera con una mano e con l’altra della polvere pesante. Scaraventa gli ingredienti sul ferro e vi soffia sopra del fuoco dalla bocca. Strappa un ciuffo di pelo alla bestia fuggitiva, un po’per rimprovero, un po’per necessità, e mette anche quello sul foglio di ferro. Pose poi alla vista di tutti il creato: un liscio pannello che assorbe i raggi di luce e dà in cambio energia. Apollo promette anche che di alternative al carbone ce n’erano moltissime altre, bisognava solo trovarle.
Ma a quel punto la Miniera, scontenta di esser messa da parte, sbuffa e crolla per dispetto rovinando addosso ai lavoratori e alle renne.
Apollo, Renata e poche talpe si salvano. Sbrujù non ce l’ha fatta a scappare, e il pannello che conteneva la soluzione e il pelo dell’animale è andato in frantumi. Renata piange, mentre Apollo raccoglie le schegge di pannello e le getta sulla Terra, affinchè qualcuno le sostituisca sempre più alle vecchie fonti energetiche.

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