E così è successo un’altra volta. Sempre al Louvre, che sembra essere una calamita per gli pseudo-ecologisti imbrattatori di opere d’arte.
La cronaca è la solita: il 28 gennaio due attiviste per l’ambiente, o sedicenti tali, hanno lanciato della zuppa di zucca sul vetro blindato che protegge la Gioconda al Museo del Louvre a Parigi. Calda o fredda, non si sa.
Le due attiviste appartengono al gruppo francese “Risposta alimentare”, e nel farlo pare abbiano gridato: “Il nostro sistema agricolo è malato” e “Un francese su tre non consuma tutti i pasti ogni giorno”. I temi dell’agricoltura, dell’alimentazione e della povertà, al centro della loro riflessione. Il Louvre ha spiegato che la zuppa sarebbe stata nascosta in un thermos da caffè e, dopo l’incidente, gli addetti del museo hanno rapidamente rimosso la zuppa e pulito il vetro.
Le due attiviste sono state arrestate e accusate di vandalismo e hanno dichiarato di essere disposte a pagare per i danni causati. Ci mancherebbe, aggiungiamo.
Si tratta dell’ennesimo incidente di questo tipo, che ha riguardato opere d’arte prese di mira dagli attivisti. Come sempre, si è trattato di un comportamento divisivo, con una parte dell’opinione pubblica che si è schierata contro e una parte a favore.
Purtroppo crediamo ci sia poco da sostenere in un simile comportamento: è semplice vandalismo, che lascia il tempo che trova e anzi, non riesce neanche a far focalizzare sul problema, che finisce per essere offuscato dall’atto in sé.
E mentre in Italia si approva in in via definitiva il disegno di legge in materia di distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici, che ha al suo interno delle norme severe contro gli ecovandali, in tutto il mondo la protesta ecologica contro le opere sembra essere diventata quasi di moda.
Non si capisce i risultati che una simile azione possa avere sull’ambiente, e per fortuna ormai tutti i musei sono preparati ad affrontare la monotona stupidità degli ecovandali, anche nell’ultimo caso prontamente bloccati ed arrestati, mentre il vetro ha protetto ovviamente l’opera.
Per sensibilizzare l’opinione pubblica poi, ci vuole ben altro. Così forse, si finisce per essere addirittura antipatici e ottenere l’effetto contrario. E infatti le critiche piovono copiose, anche da chi condivide battaglia e finalità.
Lasciare stare Van Gogh, Monet, la Gioconda, i quadri famosi, è il consiglio che arriva da più parti. L’opera d’arte è un piacere per gli occhi e dà benessere fisico, non c’entra nulla con l’ambiente e con i fanatismi ecologisti. Imbrattarle non porta nessun tipo di risultato, è una forma di protesta infantile, ombelicale, deleteria, che arriva da gruppi di sedicenti attivisti che puzzano da lontano di radical chic.
Molto meglio le campagne di sensibilizzazione che spiegano alla cittadinanza, il coinvolgimento di quest’ultima, la presa di coscienza collettiva. Che passa attraverso semplici gesti, attraverso la protesta sì, ma pacifica, concreta, utile. Anche in luoghi pubblici come musei, cercando di spiegare, ma non distruggere. Meno vandali, più proposte concrete, grazie. Perché il giorno in cui un’opera dal grande valore verrà rovinata da una zuppa calda in nome dell’ambiente e della salvaguardia del pianeta, allora sarà davvero un giorno triste, un danno senza precedenti.