GAP – Grottesco Adolescenziale Periferico: inquadrature di vite di periferia

Articolo aggiornato il 6 Luglio 2025

Parto da una necessaria premessa: con il “Premio Nazionale di Narrativa” Neo Edizioni 2024, la casa editrice abruzzese ci ha visto lungo. Prima il romanzo diabolico e infernale di Ielmini, poi la storia thriller-western della Montanaro ambientata in South Dakota, infine questo: “GAP – Grottesco Adolescenziale Periferico” di Placido Di Stefano, il terzo classificato del premio. Che dire, anzi diciamolo subito: il podio del premio indetto dalla Neo ha rivelato autori di altissimo calibro, sperimentali, coraggiosi, contemporanei.

Anche questo GAP si rivela un romanzo ottimo, di profonda attualità – una sorta di documentario letterario che scava nelle complessità dell’adolescenza e della periferia milanese. L’opera, dicevamo, si è classificata terza al “Premio Nazionale di Narrativa” Neo Edizioni 2024, e ha come protagonista Fedor, un sedicenne soprannominato il River Phoenix di Inganni. Il ragazzo ha perso da poco la madre – gli restano il padre e la sorella – e con i suoi amici Leo e il Moro si dedica a girare video, a sperare in una vita artistica futura da attori. Sono ragazzi disillusi a tratti, ma curiosi del mondo. Un po’ Bohémien, sicuramente ribelli, sperimentano gioie e dolori della vita e spesso si improvvisano attori, con il Moro come regista che li dirige in una serie di “provini didattici” e “sperimentazioni” cinematografiche che ci vengono spiegati nel dettaglio: in una ci sono primi piani, in un’altra interviste fittizie realizzate al bar e così via.

Vite spericolate di ragazzini che sognano di fare gli attori e si scontrano con la vita, insomma: dietro però, c’è una realtà nascosta e dolorosa, quella di Fedor: che ha una dipendenza dal Fentanyl, sostanza scoperta mentre si prendeva cura della madre che sarebbe morta di lì a breve. Ora ne è dipendente, e per finanziare la sua dipendenza, il ragazzo si trova intrappolato in un circuito di incontri sempre più torbidi, dove uomini adulti pagano giovani adolescenti per inscenare situazioni ambigue.

Ed è lungo questi due binari che si muove Fedo: il sogno di una vita normale coi suoi amici, le ragazze, e la sua sempre più angosciante dipendenza, dal Fentanyl, che porta ad accettare appuntamenti sempre più drammatici e pericolosi.

“Sono preso male. Preso male vuol dire tante cose, lo so, ma in questo caso vuol dire proprio quella cosa lì, tipo che sento una stretta qua, nello stomaco, e faccio fatica a respirare.”

La narrazione è cruda e cinematografica, proprio come se Il Moro dirigesse da dietro la videocamera. Seguiamo i ragazzini con le loro speranze e paure, con un ritmo serrato che a tratti disorienta, ma complessivamente appassiona. Fedor è un bellissimo personaggio, il River Phoenix di Inganni è un protagonista che non si dimentica, puro, tormentato, giovane e bello, dannato.

“GAP” è in fondo una telecamera puntata su storie di giovani, droga e periferie, che spesso facciamo finta di non vedere – ed è forse, anche e inconsciamente, una profonda dichiarazione d’amore al cinema, che per i giovani protagonisti del libro finisce per diventare non solo uno strumento per aspirare a una vita diversa, ma soprattutto un modo per evadere dalla loro difficile realtà.

E’ davvero un viaggio, disturbante ma reale, quello che offre la lettura di questo libro: spezzettato, volutamente frammentato, in un montaggio cinematografico compulsivo e sperimentale. Un terzo posto al Premio Neo che potrebbe essere tranquillamente un primo, ma forse i 3 libri pubblicati negli ultimi mesi dalla Neo sono davvero allo stesso livello. Ovviamente alto, sarà stato difficilissimo decidere.

Questo romanzo offre, senza facili moralismi, uno sguardo brutale e inquietante su una realtà giovanile spesso invisibile, e quindi merita un plauso sicuramente l’autore, ma soprattutto la capacità dei ragazzi di Neo Edizioni di proporre voci originali e coraggiose nel panorama letterario italiano.

“Infilo la pasticca in bocca, poso il biglietto e la moneta sul lavandino, tiro indietro i capelli, mi sciacquo la faccia. Registrare le sensazioni. Sento il cuore pompare come se mi fossi fatto un’altra botta, ma non è per la bamba che mi manca il respiro stavolta, no, è per qualcos’altro, è per le congetture che una parte di me sta portando avanti, un pensiero con un che di logico ma, allo stesso tempo, folle. Una voce dentro di me sta dicendo: lancia quella moneta, e se esce testa chiami quel numero e inizi a frequentare quegli invasati che si infilano placche sottopelle e piercing nei genitali, si tatuano in faccia, in testa e perfino sull’orifizio anale, si depilano integralmente, dimagriscono, si travestono, si fanno incidere braccia gambe petto schiena, limare i denti; e se invece esce croce strappi il biglietto e lo butti nel cesso e ti inventi un altro modo per tirare su soldi. Scegli, Neo: pillola rossa o pillola blu.”