Ci sono storie che vanno al di là dell’immaginazione. Sembrano essere uscite dalla penna di uno sceneggiatore per una serie tv apocalittica made in Usa. E invece sono vere: progetti portati avanti per anni, per fortuna adesso sospesi. Ma un domani, chissà.
Una di queste storie assurde è quella che ha portato alla creazione del deposito di Scorie Nucleari di Yucca Mountain: un sito di stoccaggio sotterraneo americano per le scorie nucleari. Fu proposto con il Nuclear Waste Policy Act nel 1987, e si decise di ubicarlo all’interno della Yucca Mountain, a poche centinaia di kilometri da Las Vegas.
Se ne parla anche in un libro, che ai tempi fece molto discutere, Una montagna di John D’Agata, che partendo dall’esperienza personale dell’autore – la madre si era appena trasferita a Las Vegas – finisce poi per riflettere in modo originale sulla follia di questo progetto, deciso e rinviato molte volte nel corso degli anni.
La storia del progetto
Vicino al confine con la California, il territorio della Yucca Mountain fu usato fino al 1992 per i test atomici. La montagna, di origine vulcanica e quindi in tufo, fu poi scelta per diventare l’unico e più grande sito deposito di scorie nucleari degli Stati Uniti d’America. L’unico, che le raccogliesse tutte. Negli, Usa, le centrali nucleari sono più di 100. L’idea era di azzerare i depositi locali, per stoccare invece tutto in un solo enorme centro, per di più in modo permanente.
Uno dei problemi maggiori infatti nella gestione delle scorie nucleari in America è il costo altissimo della gestione provvisoria delle scorie radioattive per le singole centrali. In questo senso, il progetto Yucca Mountain si configurava come una rivoluzione. Nel 2002 si arrivò alla decisione definitiva, sotto il governo Bush: un unico, enorme sito ad altissimo livello di radioattività, in cui tenere per decine di migliaia di anni le scorie radioattive, fin allo scomparire della loro pericolosità.
La storia
Si iniziò a costruire nel 2002, dopo l’approvazione nel 107 ° Congresso degli Stati Uniti. Fin dall’inizio, il progetto ha incontrato molte difficoltà logistiche, e anche l’opposizione dei cittadini e degli abitanti della zona, nonché di politici. Una cosa ovvia, data l’evidente pericolosità di stivare tutte le scorie di una intera nazione in un unico luogo.
Per fortuna Obama mise fine a questa stramba idea, chiudendo i finanziamenti e bloccando il progetto nel 2011. L’amministrazione del presidente Donald Trump invece era favorevole al progetto, che infatti fu rilanciato, poi bloccato di nuovo, siccome la proposta di riaprire Yucca Mountain incontrò numerose critiche di residenti e funzionari del Nevada.
Arriviamo infine a Joe Biden. Con lui sembra tutto chiaro e senza zone grigie: è contro all’idea di questo sito di stoccaggio e così dovrebbe essere per tutto il suo mandato.
Come funzionava
Come era pensata e funzionava Yucca Mountain? Il progetto prevedeva che venissero trasportate via terra 77mila tonnellate di scorie radioattive sparse negli Stati Uniti per poi essere stipate nel cuore di questa montagna nel deserto del Nevada.
All’interno della Yucca, una rete di tunnel sviluppati sottoterra, alla profondità 300 metri, permetteva nell’ipotesi degli ideatori di conservare tutte le scorie nucleari degli Usa. Tunnel, ovviamente, di materiali super resistenti: una lega di acciaio e titanio.
Il deposito era progettato per essere a prova di infiltrazione per ben 10.000 anni. Poi, la posizione era a detta dei progettisti strategica: 50 e passa km dal primo centro abitato, in mezzo al deserto, la vicinanza poi con il Nevada Test Site, in cui si tennero tanti test nucleari a partire dagli anni 50 e che, in qualche modo, poteva essere accomunato a questo progetto.
Ma Yucca Mountain ha numerosi problemi logistici: su tutti, la faglia tettonica che si sviluppa proprio sotto alla montagna, e che potrebbe portare a terremoti o spiacevoli scossoni nel giro di anni, o anche secoli. Bisogna infatti pensare al fatto che ci vorranno decine di migliaia di anni prima che le scorie radioattive perdano la loro pericolosità. Inoltre, ci sarebbero altri problemi di erosione della montagna, sempre ragionando in termini di migliaia di anni. inoltre, come sottolineato anche da D’Agata, in che linguaggio porre il cartello “Pericolo di Morte” all’esterno del sito di stoccaggio, visto che tra 10mila anni – termine previsto della radioattività – la lingua americana, sicuramente, sarà totalmente diversa, sempre se l’uomo esisterà ancora?
Meglio bloccare tutto, allora. Il sito dal 2011 è fermo, mai completato, e di questa idea originale ma di impossibile attuazione resta solo il percorso quasi ventennale per la sua parziale realizzazione, il costo esorbitante per il governo (quasi 8 miliardi di dollari) e tantissime proteste alle spalle.
Siamo arrivati quindi alla situazione attuale, in cui la maggior parte delle centrali nucleari negli Stati Uniti ricorre quindi allo stoccaggio a tempo indeterminato in barili di acciaio e cemento, in loco. Le scorie degli Usa sono ancora conservate nei cento e passa depositi già esistenti i superficie, in 39 stati americani.