Econote è nato come contenitore di notizie a tematica ecologica e ambientale da Napoli e dalla Campania. È nato per parlare dei drammi e dei problemi della nostra terra, ma anche – forse soprattutto – per prendere coscienza delle cose importanti, delle belle iniziative, della forza e della volontà dei napoletani di non abbattersi, di creare un qualcosa di positivo, quando possibile.
E il Madre, Museo d’arte Donna Regina, è senza dubbio un esempio positivo. Uno spazio frizzante, vivace, originale, un luogo di scambio culturale nel cuore pulsante della città, un museo dove ammirare straordinarie opere d’arte di giorno e divertirsi la sera, durante gli aperitivi e le notti danzanti con i dj set.
Il museo, nato nel 2005, è insieme al Pan uno dei fiori all’occhiello della cultura napoletana. Almeno fin quando non verrà chiuso, cosa che sembra possa succedere a breve. Eppure il Madre, nel corso degli anni, si è ritagliato uno spazio importante, riuscendo ad essere un punto di riferimento per l’arte contemporanea a Napoli e in Italia, con numerose mostre importanti (indimenticabile l’esordio con i cavalli di Kounellis, e posso dire con orgoglio “io c’ero”) e con una collezione di opere di caratura internazionale.
Eppure. Come leggiamo nell’articolo di Stefania Zuliani sul blog Doppiozero e come sapevamo da qualche tempo pur non essendo a Napoli in pianta stabile da un paio d’anni, il museo Madre non naviga in acque tranquille (anche la Città della Scienza, ma questa è un’altra, lunga e brutta storia). Il CdA si è dimesso e il direttore Eduardo Cicelyn continua a scontrarsi con la Regione Campania e la sua gestione di risorse e potere. E così, tra tagli, litigi, personale non pagato, trattative estenuanti, anche questa piccola oasi di cultura a Napoli sembra essere destinata a una progressiva conclusione, senza lieto fine.
Che brutto segnale. Per Napoli e per l’arte al Sud.
Eppure io, ogni volta che sono andato al museo, l’ho sempre trovato vivo e interessante. Un luogo da preservare, una bella cartolina per la nostra città. Hai visto? A Napoli la pizza era buona, faceva caldo, si suonava il mandolino e c’era anche il museo d’arte contemporanea più bello d’Italia.
Certo, un’arte non per tutti, e forse proprio per questo l’aver creato un simile museo in via Settembrini (a due passi dal centro storico, dai quartieri più popolari) era già di per sé una vittoria senza paragoni.
Chiudere il Madre, accusandolo di sprechi e di non fare vera cultura (fa bene Cycelin a sottolineare: “non esiste al mondo un museo che sia in attivo. Queste istituzioni produrranno sempre perdite gigantesche di denaro pubblico. La Tate Modern di Londra è addirittura a ingresso libero. Non ci si può rimproverare di non essere produttivi”), tagliare i fondi, lasciare sul filo del rasoio numerosi dipendenti e privare i napoletani di un luogo come il Madre significa davvero non amare la città. Significa ancora una volta svilirla, deturparla, ricoprirla d’immondizia e abbandonarla a se stessa. E non ce lo meritiamo. Non chiudete il Madre.
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