Cosa ci rende diversi dagli altri animali e non ci permette di aderire teoricamente alla natura?
Signore e signori, ecco a voi lo specismo
Lo specismo è una forma di pregiudizio e discriminazione volta alla sottomissione di alcuni individui sulla base della loro non-conformità ad una determinata specie. Non vi sono altre motivazioni logiche o razionali, il motivo secondo cui opera questo pregiudizio è solamente la differente specie di appartenenza.
In poche parole:
Pur riconoscendo che un maiale è intelligente, senziente, soffre quanto noi una vita di privazioni e teme la morte, lo specismo è quell’atteggiamento che ci permette di forzare una scrofa ad avere piccoli, stipare i cuccioli in gabbie e farli ingrassare fino a che diventino “carne“. Seppure si accordano all’animale delle capacità simili alle nostre, la sua vita ci sembra solo un mezzo utile alla nostra, perché quello è un maiale e noi siamo uomini.
Quasi concordemente la nascita e lo sviluppo dello specismo viene collocato all’interno della dimensione storica e culturale dell’uomo, risale alle prime comunità di preomonidi e va di pari passo con l’ominizzazione. In quel tempo lontano trovammo utile per la nostra salvaguardia istituire un confine, un muro invalicabile dietro cui nascondersi da una parte e da cui prelevare beni dall’altra. È il confine tra uomo e animale, che nel tempo ha portato ad un sopraelevamento dell’uomo dal piano naturale.
Perché è utile?
Approvando il modello dicotomico uomo/animale automaticamente ognuno di noi si schiera con la fazione “avente diritto” di primeggiare. Tale schieramento ha doppia utilità sociale: da una parte è una tutela del singolo, che riconoscendosi all’interno di un gruppo avente delle caratteristiche in comune reclama i privilegi che spettano al suo status; dall’altra è un sistema di coesione interna che assicura al gruppo stesso la pace tra i suoi membri, che fanno fronte comune e solidale contro “gli estranei”.
Un’ipotesi interessante è quella che sostiene che ciò che ci differenzi dal resto delle specie animali altro non sia che l’estrema evidenza dei meccanismi di coesione sociale, che sfociano nelle forme di discriminazione più varie contro “il più debole di turno“.
Lo specismo tra uomini.
Lo specismo è il contenitore di tutte le altre discriminazioni. Profondamente radicato nella nostra cultura, finché continuerà ad esistere avvallerà le altre dicotomie e il meccanismo comune a tutte le forme di razzismo. La pelle di colore diverso non era –e non è– l’unica giustificazione di qualcuno per affermare che i soggetti di pelle bianca sono superiori e pertanto legittimati a disporre delle loro vite? Essere donna non significa mancare di facoltà mentali e morali, eppure non è forse stato sufficiente per secoli e secoli –e sembra lo sia tutt’ora– per ritenere le donne inferiori? Tutto volge al mantenimento di una gerarchia che nulla ha di naturale o razionale alle sue basi, il cui apice è l’uomo ideale (bianco, eterosessuale, ecc.) e la base la natura.
L’uomo non è diverso da tutti gli altri animali. L’uomo è diverso da una mucca, come una volpe è diversa da un serpente. Siamo soliti –come ho dovuto fare anche io nell’articolo– generalizzare la vastissima varietà delle specie riducendole ad un solo termine, appiattendole ad una definizione sterile sotto cui non potranno rientrare mai milioni di specie e le loro caratteristiche. Siamo sicuri che l’uomo si possa elevare lui solo su ottomilionisettecentomila specie o si tratta di quella forma di razzismo che siamo tanto bravi a perseverare?
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