I consumatori europei, il cibo e le date di scadenza: queste sconosciute

Non ce la caviamo granché bene noi europei davanti ai numeri: soprattutto se sono quelli che indicano la scadenza degli alimenti e ne decretano il loro destino. A dirlo è l’Eurobarometro, il servizio di ricerca e analisi demoscopica dell’Unione europea, che a settembre 2015 ha condotto un’indagine sui temi dello spreco alimentare e del comportamento dei cittadini di fronte alle date di scadenza e al termine minimo di conservazione.
Cos’ha scoperto? Che il 58% degli europei (noi italiani però siamo al 67%), quando fa la spesa o prepara da mangiare, controlla sempre le date “da consumare entro…” e “da consumarsi preferibilmente entro il…”. Il problema è che non le capiamo: poco meno della metà (47%) degli europei comprende il significato della frase “da consumarsi preferibilmente entro” e un po’ meno (40%) è consapevole del significato dell’avvertenza “da consumarsi entro”.

Queste incomprensioni moltiplicano gli altri – e alti – numeri, quelli dello spreco alimentare. Così commenta il Commissario europeo per la salute e la sicurezza alimentare, Vytenis Andriukaitis: “Se non facciamo nulla, i rifiuti alimentari potrebbero salire a oltre 120 milioni di tonnellate entro il 2020. Nella sola Europa, le perdite annuali per l’economia europea sono stimate a 200 miliardi di euro. La riduzione dei rifiuti alimentari richiede impegno e sono lieto di vedere che più di tre quarti degli europei riconosce il proprio ruolo in questo compito. Lavorando insieme si possono risparmiare risorse alimentari preziose e denaro, inoltre è possibile ridurre il nostro impatto ambientale”.

Mettiamoci subito al lavoro, allora. Come? Inforcando innanzitutto gli occhiali perché sulle etichette alimentari sono presenti indicazioni molto importanti, da seguire con attenzione per conservare e consumare i prodotti in modo corretto. E evitarne, appunto, gli sprechi.

Fondamentali, si è visto, le diciture ‘consumare entro‘ o ‘data di scadenza‘ presenti sul packaging degli alimenti altamente deperibili, perché significano che dopo la data indicata quei prodotti vengono considerati insicuri per il consumatore. È il caso di alimenti freschi come uova, latte, carne e pesce, per esempio.

Quando un avverbio fa la differenza. La data ‘preferibilmente entro‘, invece, si riferisce a una durata minima degli alimenti a lunga conservazione: ha un valore orientativo perché dopo tale data i prodotti sono ancora commestibili, ma possono registrare un lento decadimento nutrizionale e organolettico (gusto, consistenza, etc.). Questa indicazione è tipica degli alimenti a lunga conservazione come pasta, riso, cereali, legumi che è preferibile consumare entro la data indicata, ma con una tolleranza anche ampia, in alcuni casi addirittura di qualche mese.

Poi, certo, ci sono i singoli casi. Per quanto riguarda lo yogurt, per esempio, il consiglio antispreco è che lo si può consumare anche dopo 7-10 giorni dalla data indicata dal produttore se la confezione non presenta rigonfiamenti e se non sono visibili muffe.

Capitolo ‘barattoli e scatolette aperti‘ (salse, marmellate, legumi, tonno, pelati): leggi cosa recita in materia di conservazione l’etichetta. Le diciture ‘dopo l’apertura conservare in frigorifero’ e ‘dopo l’apertura consumare entro … giorni’ sono consigli che è bene seguire, perché i prodotti dopo quel periodo subiscono un rapido decadimento organolettico e l’incremento della carica microbiotica può essere molto rapido.

Se poi sono presenti muffe sulla marmellata dimenticata, arrenditi anche se lo strato ti sembra superficiale. Ne farai magari compost domestico per le tue piante. E la prossima volta inviterai gli amici per merenda prima che sia troppo tardi.