Ombra mai più di Stefano Redaelli

Leggere le pagine di Ombra mai più di Stefano Redaelli è come aprire una finestra su un mondo che non conosciamo, che spesso viene taciuto, messo ai margini. Ma di cui bisogna parlare, per far sì che ci sia un cambio di prospettiva.

Il libro, edito da Neo Edizioni e presentato da Daniele Mencarelli al Premio Strega 2023, continua nel solco del precedente, quel Beati gli Inquieti uscito nel 2021 e che qui già avevamo molto amato – anche questo, volendo essere sintetici, analizza la follia, i matti, il loro rapporto col mondo dei “normali”. Portatori di una disabilità invisibile, ma non per questo meno evidente o difficile da affrontare.

Il protagonista è nuovamente Angelantonio, che è stato ospite della struttura La Casa delle Farfalle. Al termine di un soggiorno di tre anni, l’uomo torna in società. Dalla pazzia alla normalità? Il passo non è scontato, non è lineare. Non è facile “rientrare in società”. Il mondo là fuori è cambiato, velocemente. Anche Angelantonio è cambiato, il soggiorno lo ha segnato. Non è sicuramente l’uomo che era quando aveva varcato per la prima volta quella “clinica per matti”.

Ma “quando torni nel mondo, del mondo ti devi fidare”. Con questa convinzione Angelantonio torna a vivere, in qualche modo.

Nel prologo al volume, Fame, Angelantonio dice:

“Non siamo noi che abbiamo fame di letteratura. È la letteratura che ha fame di noi.

Si nutre di tutto, avidamente: di quello che abbiamo vissuto, di quello che vorremmo vivere, di quello che ci manca, di quello che possediamo (già ci sta per mancare), dei sogni (di notte, a occhi aperti), della realtà, di quello che vorremo tacere, portarci nella tomba (per vergogna), di quello che andrebbe gridato dai tetti, come una liberazione.

Ha fame la letteratura, una fame ancestrale. Da quando il primo uomo ha iniziato a raccontare, seduto in torno a un fuoco, di ritorno dalla caccia, vivo ancora una volta per miracolo, non si è mai saziata. Forse abbiamo iniziato a raccontare per lei, non per noi. Non lo facciamo per sopravvivere, per esorcizzare la morte, per salvare qualcosa o qualcuno dall’oblio. Lo facciamo per fame: la sua. Ora le do in pasto la mia storia.

Forse per un po’ mi lascerà in pace”

Ed eccola la sua storia, che leggiamo avidamente anche noi. Con questa suggestiva dichiarazione, che è quasi un manifesto di intenti, l’autore e il protagonista del suo romanzo ci invitano forse a riflettere sul senso stesso di letteratura e di storia. Anzi, di storie. Le tante storie che ci sono là fuori, che ci sfiorano, che si sfiorano, che forse alle volte neanche riusciamo a comprendere del tutto.

Ma Redaelli ce le mostra, ce le presenta, con il suo sguardo e la sua lingua leggera, senza giudizi di valore ma con tanto interesse per la vita stessa, in tutte le sue forme. Redaelli ci racconta la storia di Angelantonio che torna al mondo con il libro scritto sulla follia all’interno della struttura psichiatrica. Il posto dove è “stato per tre anni. Nulla da nascondere, nulla di cui vergognarmi” ci dice il protagonista.

Perché non è un manicomio. “I manicomi non esistono più da molto tempo”.

Avviene il ritorno a casa. Ma tornare a casa non significa per forza normalità, perché questa è un concetto così relativo… un lavoro, una casa, degli affetti. Questa è la normalità? I genitori di cui prendersi cura. Le persone nel quartiere che ti osservano e ti additano perché sei stato “dentro”. Per certi versi, il mondo è folle quasi se non più della clinica psichiatrica.  

Mencarelli al Premio Strega 2023 ha candidato il libro con queste parole:
«I gesti di fiducia sono molto più frequenti di quel che si pensi. In fondo, la nostra vita è regolata da questi gesti, reciproci, di riconoscimento dell’altro e delle sue azioni. Poi ci sono gli scarti, quelli di cui non ci si può fidare, quelli che per tradizione e istituzione giocano il ruolo dei pericolosi, inaffidabili, imprevedibili. I malati mentali, così come i detenuti, gli ex tossicodipendenti, fanno parte di questa umanità tollerata solo se tenuta a distanza. È il caso di Angelantonio, tre anni passati in una struttura psichiatrica, di nuovo nel mondo e del mondo. Ma chi è disposto a dargli una nuova possibilità? Chi vede in lui qualcosa di più dell’uomo che ha passato tre anni in una struttura perché malato mentale? Non è la fiducia ad accoglierlo, semmai il pregiudizio, la paura. Ma Angelantonio ha dalla sua l’esperienza di chi conosce l’alfabeto del dolore, troverà modo di tornare al dialogo, a una nuova vita, fatta di consapevolezza, nel perenne squilibrio. Redaelli con Ombra mai più dà voce agli esiliati nello stigma, con la precisione e la delicatezza di chi scrive per amore.»

Redaelli

Un libro sulla follia del mondo, sulla follia nel mondo. Oltre le mura entro cui i matti vengono rinchiusi, c’è molto altro. C’è quel platano davanti casa, che da ragazzo faceva ombra, un’ombra rassicurante e avvolgente. Enorme.

Un libro sulle relazioni che mancano, sulle relazioni che ci dovrebbero essere, per tendere a una vita diversa. Angelantonio vorrebbe tornare alla vita, ma la vita gli si nega all’inizio perché un paziente psichiatrico porta con sé un segno indelebile. E anche lui, un inquieto – Beati gli inquieti, era il titolo del libro precedente – non riesce a ritrovare un nuovo posto nel mondo. Si prende cura dei genitori malati, vive sospeso tra i ricordi del passato e la voglia di costruirsi un futuro diverso.

Il pregiudizio è affilato e precede ogni suo passo. Nel silenzio dei rapporti casalinghi esplode la rabbia di un rapporto in parte deteriorato per colpa della rabbia e dell’inquietudine. Nella complessità del mondo invece l’inquietudine diventa ansia, assoggettata ai mille pericoli, alle insidie della realtà.

Ma tassello dopo tassello c’è la possibilità di ricostruire, le cose tornano al loro posto. Il rapporto di fiducia, amicizia, complicità in bilico, squilibrata, tra lui e il giovane egiziano Rami alle prese con lo studio, sancisce un nuovo inizio.

Ed è questo forse principalmente Ombra mai più: un libro sugli inizi, sulle ripartenze, e sull’accogliere l’altro, anche se non è uguale a noi. Accogliere significa comprendere, analizzare, osservare e accettare. La lezione più grande che Redaelli attraverso il personaggio di Angelantonio ci lascia è forse proprio questa: l’andare al di là delle apparenze, capire che al di là dell’ombra c’è sempre la luce, basta saperla ricercare.

In chiusura, non si può che sottolineare la scrittura sempre leggera e poetica di Redaelli, che sa quali corde toccare e come toccarle: senza strafare, senza essere mai banale. Senza retorica. Compito non facile, di questi tempi.

Stefano Redaelli è professore di Letteratura Italiana presso la Facoltà “Artes Liberales” dell’Università di Varsavia. Addottorato in Fisica e in Letteratura, s’interessa dei rapporti tra letteratura, medicina, scienza e spiritualità. Tra le sue pubblicazioni scientifiche: A 40 anni dalla legge Basaglia: la follia, tra immaginario letterario e realtà psichiatrica (DiG, 2020), Nel varco tra le due culture. Letteratura e scienza in Italia (Bulzoni, 2016), Le due culture. Due approcci oltre la dicotomia (con Klaus Colanero, Aracne, 2016). Per la narrativa ha pubblicato la raccolta di racconti Spirabole (Città Nuova, 2008) e il romanzo Chilometrotrenta (San Paolo, 2011). Per Neo Edizioni ha pubblicato il romanzo Beati gli inquieti, Selezione Ufficiale “Premio Campiello”, “Premio Napoli” e “Premio Flaiano” 2021.