I diritti della natura di Cormac Cullinan (Piano B Edizioni)

È utile, direi necessario, scrivere di questo libro partendo dalle parole scritte sulla copertina: “Noi siamo i popoli della Terra, ma non siamo i suoi padroni. Madre Terra è una comunità viva e indivisibile e tutte le sue creature condividono un destino comune; nel riconoscere ciò con gratitudine, sappiamo che il sistema industriale ha creato le condizioni che hanno condotto al suo saccheggio. Questo abuso ha provocato lo sconvolgimento della Comunità Terra, degli ecosistemi, del clima. Dobbiamo cambiare direzione.

I diritti della natura di Cormac Cullinan è il libro, uscito per Piano B edizioni, tradotto e curato da Davide Sapienza, da cui partire per una nuova idea di mondo, in cui siano contemplati non solo i diritti dell’uomo, ma appunto anche quelli della Terra. In Ecuador, nel 2008, questo è già avvenuto. Nel resto del mondo, una simile presa di coscienza tarda ad arrivare. Ma “la sopravvivenza della nostra specie e la salute della Madre Terra dipendono dalla nostra capacità di trasformare i sistemi di governo”, sottolinea Vandana Shiva. Dobbiamo farlo presto. Anche la natura deve essere tutelata, ha bisogno di leggi ad hoc.

Cormac Cullinan è un avvocato, prima ancora di essere un ambientalista, quindi sa bene cosa si intende per diritti. Ma per capire di cosa stiamo parlando facciamo un altro piccolo passo indietro: nel 2010 l’autore ha presentato all’Assemblea generale delle Nazioni Unite la Dichiarazione Universale dei Diritti della Madre Terra  per farla integrare alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Una scelta importante, che emerge dalla necessità di attuare scelte condivise che possano contrastare l’emergenza della Terra. Tutti siamo chiamati in causa, dai singoli cittadini ai governi e alla classe dirigente.

Come cambiare dunque i sistemi che dominano il nostro mondo? La visione politica e culturale che governano le nostre azioni? Dando alla natura gli stessi diritti degli uomini, o meglio considerando anche lei, la Natura, come bisognosa di una tutela più forte e specifica. Cullinan, che “crede ancora nel potere dello spirito dell’uomo per dare una forma al futuro e al valore di perseguire il bene più grande”, prova a fare qualcosa in tal senso, nel tentativo di inserire il wild law (questo è il titolo originale del libro) nel cuore dei sistemi giuridici.

Ripensare la Governance è un primo passo: “il modo in cui la gran parte dei sistemi amministrativi si affida alle considerazioni economiche e al funzionamento dei mercati, per indirizzare il comportamento umano, spesso è estremamente inappropriato”, riflette Cullinan. E bisogna, sulle orme di Thomas Barry, “immaginare da zero la nostra idea di diritto a partire da una prospettiva biocentrica, centrata sulla Terra.” Ed è qui che entra in gioco il “Wild Law”: termine di difficile spiegazione, ma che racchiude tutte quelle leggi che tutelano la Terra e i membri della Comunità Terra. Il nostro mondo non esiste solo per noi, non abbiamo il diritto di consumarlo, giorno dopo giorno. Noi stiamo distruggendo la Terra, ce ne rendiamo conto ogni volta che leggiamo qualche notizia a riguardo, ogni volta che veniamo a conoscenza di un animale appena estinto. Ogni volta che ci rendiamo conto di consumare troppo, male, di non pensare al domani, ma solo a ciò che riguarda l’oggi.

Gli esseri umani, in un periodo di tempo determinato, attualmente prendono dalla Terra più di quanto la Terra produce nello stesso periodo di tempo.”, ci dice Cullinan. E ciò non è tollerabile. Consumi eccessivi, sprechi, incapacità dei governi di attuare le giuste politiche ci hanno portato verso il punto di non ritorno. La ricerca del benessere dell’uomo non deve indebolire l’integrità della Terra, che è la fonte del nostro benessere.

Bisogna allora ripensare tutto: i nostri sistemi amministrativi, il nostro modo di agire, di pensare, di sfruttare la Terra. Solo così si potrà ritornare alla biosfera, e rifiutare quella che Cullinan chiama “omosfera”, “un mondo solo per esseri umani vasto e sigillato ermeticamente dentro la nostra mente.” Ed è in questo cambiamento epocale che solo il diritto, secondo Cullinan, può intervenire a mettere a posto le cose. Un diritto della natura, che tenga conto da dove veniamo, di chi e come vivevamo qualche migliaio di anni fa, in sintonia con la natura e non in conflitto con essa.  È quella che Cullinan chiama Giurisprudenza della Terra, e che negli ultimi anni in giro per il mondo, ha cercato di diffondere.

Un ritorno alle origini, in un certo senso, con una consapevolezza in più: che anche le creature non viventi devono avere e hanno bisogno di diritti, e che sia noi che loro facciamo parte di un unico sistema. Occorre quindi che tutte le nostre nuove leggi siano in qualche modo “wild” nella sostanza, “cioè che promuovano la creatività e il legame umano con la natura, invece di soffocarlo.

E come gestire la nostra società? L’idea di Cullinan è quella di ripensare i sistemi amministrativi intorno alle comunità e sulle comunità delle comunità, proprio come avviene in natura; non in un’ottica puramente storica e nostalgica, anche perché portare indietro l’orologio non è possibile, ma neanche auspicabile. Quello che si può fare però è “imparare dalla storia tribale e da quella della Terra, che va più indietro, per guadagnarci la saggezza e l’ispirazione che ci possano portare a essere nuovamente un popolo che mette la Terra al centro di tutto.” Una prospettiva nuova e inedita, questa, che trova la sua principale conferma scritta nella Dichiarazione internazionale dei diritti di Madre Terra, che trovate al termine del libro o, se volete, seguendo questo link.