Bulky di Raffaella Simoncini, raccontare la malattia per tornare a vivere

Bulky, secondo la definizione dal dizionario Collins: adjective grosso(-a), voluminoso(-a) // Mick’s bulky figure la figura massiccia di Mick

Cosa è Bulky? Chi è Bulky, nel nuovo romanzo Neo Edizioni? Bulky è una massa, un corpo estraneo. In termine medico, in oncologia, è la massa tumorale da asportare. L’autrice di questo intenso e coraggioso romanzo, Raffaella Simoncini, trae spunto dalla propria vita per mettere su carta un toccante racconto della malattia, che è anche la storia di una forte amicizia tra due donne.

Sullo sfondo, un’asettica stanza di ospedale. Scrivere della malattia non è mai facile, scriverne bene senza retorica o senza risultare respingenti o addirittura indulgenti davvero un’impresa. La Simoncini, che ha avuto un cancro, ci riesce in questo esordio letterario, con un modo di raccontare per niente canonico.

Le pagine si susseguono e lo fanno con rabbia, con dolore e coraggio. La storia è sincera e la scrittura pure.

Foto di Michela Margiotta

“Siamo questo traslare

Cambiare posto e nome.

Siamo un essere qui, perenne navigare

Di sostanze da nome a nome. Siamo.”

Prende a prestito le parole di Mariangela Gualtieri nella citazione in esergo, per raccontare poi la storia di Luce, protagonista del romanzo, e il suo rapporto con la Cuoca, “la peggiore compagna di stanza che mi sia capitata negli ultimi quattordici mesi”. Una donna anziana che strepita, incazzata col mondo, diretta. È insopportabile, la Cuoca, averla in stanza è irritante. Luce passa i giorni in attesa, sospesa. La diagnosi è maligna, Linfoma non Hodgkin primitivo del mediastino di derivazione dai linfoviti B, a grandi cellule IIB – Bulky.

Eccolo lì, Bulky. Una malattia da affrontare e sconfiggere, in un percorso doloroso fatto di medicinali, chemio, viso pallido, capelli che cadono e parrucche a sostituire la chioma. Le due donne, malate, scopriranno piano piano di avere in comune qualcos’altro oltre la malattia: un conto in sospeso con le proprie vite.

È molto intenso, lascia senza fiato questo romanzo che trae grande ispirazione dal vissuto dell’autrice. Il percorso della malattia è ad ostacoli, ma non per questo fatto solo di paure e sofferenze. C’è anche spazio per la risata e l’ironia.

Complimenti allora a questa autrice, l’ennesima della scuderia NEO che ha qualcosa da dire e sa come farlo. Un romanzo sulla malattia, l’amicizia e la speranza che non lascia indifferenti e in cui chiunque, sia chi ci è passato che chi non ha affrontato la malattia, può immedesimarsi. La Simoncini, che oltre a scrivere si occupa di teatro e arte, essendo tra le fondatrici dell’Associazione FonderieArs, condensa in poco più di 150 pagine un percorso che dall’abisso porta alla rinascita.

“Alcuni studi hanno provato a stabilire quanto tempo sia necessario all’essere

umano per sviluppare una nuova abitudine, ma non hanno raggiunto conclusioni definitive. Le tempistiche oscillano, specie quando la nuova abitudine è strettamente legata alla sopravvivenza.

Quanto tempo ci è voluto per abituarmi alla routine ospedaliera?

Quanto tempo ho impiegato per accettare le restrizioni fisiche?

Quanto tempo per abituarmi ai suoni dei campanelli, alla padella, alla flebo, al disinfettante?

E quanto tempo, invece, per vedere in modo diverso la mia vita di sempre, la mia vita di fuori?

La sopravvivenza può essere tante cose diverse.”

Raffaella Simoncini è nata a Milano e vive a Pescara. Frequenta laboratori e spazi teatrali, studia scrittura creativa presso la Scuola Macondo. È tra le fondatrici dell’Associazione FonderieArs, che si occupa di arte e teatro. Alle otto timbra il cartellino e nel tragitto verso il luogo di lavoro immagina storie. Affida alla trasfigurazione del romanzo la sua esperienza della malattia e scrive Bulky, suo esordio letterario.