La riapertura della caccia e il corteo per abolirla

Domenica 19 è stata riaperta la stagione venatoria che si protrarrà fino al 31 gennaio. In occasione di questa data molte associazioni ambientaliste, con l’appoggio dell’iniziativa “Manifesto per la coscienza degli animali”, hanno organizzato un corteo a Venezia per contestare la ripaertura di un’attività che ogni anno provoca non poche polemica.

Così hanno parlato alle associazioni presenti, quali Lav, Enpa, Lac, Lipu e Oipa, i due ideatori del Manifesto, Michela Brambilla e Umberto Veronesi: “La coscienza animalista è una grande ricchezza di cui andare orgogliosi. Al centro c’è il rifiuto deciso della barbara pratica della caccia da parte di una schiacciante maggioranza dell’opinione pubblica che non deve più essere ignorata. Chi si dedica a questa attività non solo nuoce agli animali del Pianeta, ma provoca anche grave danno all’ambiente”.

Si stima che tra coloro che domenica hanno potuto riprendere la loro attività ci siano almeno settecentomila praticanti iscritti alle associazioni e duecentomila privati. Ma secondo le ricerche delle associazioni contro la caccia, sono ben altri i numeri su cui è giusto soffermarsi: dal 2 settembre 2009 al 31 gennaio 2010 i morti sono stati 23 e 53 i feriti tra i cacciatori, ai quali si aggiungono 1 morto e 18 feriti tra i cittadini.

Il corteo è riuscito a raccogliere oltre centomila firme a favore dell’abolizione di tale pratica e il Ministro del Turismo Michela Brambilla sembra intenzionata a portare avanti questa battaglia. Già nel primo giorno, tuttavia, è stata colpita ed uccisa, in Toscana, nella Palude del Fucecchio, un esemplare di cicogna nera, una specie protetta di cui rimangono ad oggi solo 10 coppie nidificanti su tutto il territorio nazionale. E’ un episodio che dimostra quanto un’attività di questo tipo sia difficilmente compatibile con una salvaguardia della biodiversità del nostro Paese, e che lascia molte perplessità sulla giustificabilità di una pratica palesemente macabra.

L‘abolizione della caccia non è però una soluzione al vero problema, ma solo un primo passo verso una maggior sensibilità nei confronti delle tematiche legate al nostro rapporto con gli animali. Il tentativo di arginare uno “sport” il cui scopo è uccidere ad “armi” impari, e non certo per soravvivere ma per puro passatempo, è ammirevole, ma ben poca cosa se non ha lo scopo ultimo di educare la società in modo più ampio.

E’ inutile, infatti, mettere al bando i cacciatori se poi ci rifutiamo di conoscere cosa succede nei mattatoi che forniscono carne ai supermercati dove ci rechiamo il venerdì pomeriggio, o se ci rifiutiamo di ammettere che la sperimentazione scientifica e farmaceutica hanno un prezzo che non paghiamo noi, ma molti animali e con il loro dolore.