Le masse critiche in difesa dell’ambiente

Studiosi e filosofi hanno parlato delle masse per lo più come un corpo acefalo, facilmente manipolabile e i cui componenti non intrattengono relazioni significative. Ma è sempre davvero così?

Un folto gruppo di persone può decidere aggregarsi in modo spontaneo, spinto da un interesse comune o dalla condivisione di determinati principi.

A volte basta il passaparola, volantini affissi in punti strategici della città o, meglio ancora, l’uso della rete. Eventi o flash mob, la numerosa presenza in luoghi pubblici ad alta visibilità finalizzata a segnalare l’esistenza di una massa che ha voglia di comunicare qualcosa, che contesta attraverso la sua presenza nelle strade e nelle piazze. Una massa che compare e scompare, ma che sembra essere sempre presente.

Sul versante ecologista il più significativo di questi incontri è quello della Critical Mass. Un raduno di ciclisti, ma non si tratta solo di appassionati della bicicletta. Scendono in strada percorrendo le corsie riservate alle automobili, una critica alla normale viabilità cittadina che osserva un solo motto: « Noi non blocchiamo il traffico, noi siamo il traffico! ». Nata a San Francisco agli inizi degli anni Novanta, l’idea della Critical Mass si è diffusa velocemente in molte parti del mondo. Sovvertendo le regole della convivenza urbana tra automobilisti e ciclisti, è soprattutto una risposta a chi considera la macchina come unico e necessario mezzo di trasporto. Si cerca in questo modo di incoraggiare l’uso della bicicletta per gli spostamenti urbani, inquinando di meno e allo stesso tempo svolgendo attività fisica.

L’adesione alla massa avviene in maniera cosciente per coloro che pensano ad  un modo diverso di vivere la città e cercano nella forza del numero un modo efficace per sperimentarlo.

Nei prossimi articoli parleremo diffusamente di questo argomento, nei sui risvolti sociali e le potenzialità che la Critical Mass può avere per la difesa ambientale.