Divieto di transito per le bici in Basilicata

È un segnale sempre più diffuso negli ultimi mesi sulle strade provinciali della Basilicata, quelle che più si prestano ad essere percorse dai ciclisti lucani e non e che allo stesso tempo attraggono tanti cicloturisti da tutta Italia ed Europa.

Sono tante le strade attualmente interdette alle bici e tante altre se ne aggiungeranno in questo malsano disegno della provincia di Potenza, il modo più subdolo e meschino per eludere le proprie responsabilità e precludere ogni valorizzazione del turismo lento e sostenibile con ripercussioni su tutto il territorio.

 

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L’immenso patrimonio composto dalle strade provinciali lucane andrebbe piuttosto promosso e pubblicizzato in tutta Europa come una vera e propria rete di ciclovie naturali visto l’esiguo numero di veicoli a motore che le percorrono quotidianamente

Ci troviamo quindi di fronte a una rete di circa 2,600 km di strade provinciali che si aggiungono alle tante possibili varianti composte da statali, comunali, interpoderali, mulattiere, sentieri,  insomma ce n’è per tutti i gusti: cicloturismo, mountain bike, bici da corsa…

L’ente Provincia di Potenza ha dimostrato in più occasioni il suo totale disinteresse verso un tema così importante ed attuale come il cicloturismo, prima rischiando di far scadere i termini di inizio lavori di un’opera di importanza strategica come la ciclabile Potenza-Pantano (peraltro già finanziata) adducendo problemi poi rivelatisi assolutamente superabili, ora con questa assurda iniziativa dei divieti. L’Associazione ciclOstile Potenza, in pieno stile FIAB (Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta), offre il proprio supporto a enti come la Provincia in evidente difficoltà per avviare una proficua collaborazione e suggerire soluzioni intelligenti che abbiano come obiettivo la crescita dell’ intero territorio.

Il documento redatto nel 2016 da FIAB Potenza ciclOstile in collaborazione con FIAB Matera (presentato, accolto e inserito nel  Piano Regionale dei Trasporti del 2016), contiene già molti degli ingredienti necessari per trasformare la Basilicata in una Regione ciclabile. Parte da una idea apparentemente utopica, ma fondamentalmente molto semplice: gli obiettivi migliori si raggiungono solo con una chiara visione e un’attenta programmazione a lungo termine, insomma non ci si può improvvisare, ma da qualche parte bisogna pur iniziare.

La proposta ha come obiettivo finale la creazione di una rete di ciclovie diffusa sul territorio regionale che faccia anche da collegamento con le regioni limitrofe. Il sistema di ciclovie richiede interventi a basso costo poiché utilizza le tante strade già esistenti (provinciali, statali a basso traffico, interpoderali) con un tasso di traffico automobilistico molto basso e che nella maggior parte dei casi necessitano, oltre all’adeguamento del manto stradale, solo di opportuna segnaletica verticale supportata da adeguata diffusione e comunicazione mediatica.

Auspicabile sarebbe anche la riconversione delle tante tratte ferroviarie dismesse in piste ciclopedonali, seguendo i virtuosi e riusciti esempi ormai diffusi in tutta Europa. La riconversione dei principali tratti ferroviari dismessi inoltre è alla base di una proposta “figlia” di ciclOstile, che darebbe vita alla realizzazione del più spettacolare degli itinerari cicloturistici: LA CICLOVIA DELLE 3 FERROVIE.

Bisogna quindi osservare le migliori pratiche europee, copiarle e incollarle adattandole alle necessità dal territorio attraverso la collaborazione delle più disparate competenze in merito (tecnici, associazioni, operatori del settore ecc.), in sostanza guardare alla Basilicata come possibile attrattore internazionale per il cicloturismo ponendosi come prima regione meridionale a raggiungere questo traguardo. Senza la necessità di “spese folli” ma attraverso una serie di semplici misure pratiche e intelligenti

In passato, anche in quello più recente, enti locali come Regione e APT hanno realizzato e pubblicato diverso materiale relativo al cicloturismo in Basilicata ma a nostro avviso mai in modo efficace e funzionale, probabilmente a causa di diversi fattori come:

– l’assenza di una visione di insieme del territorio;
– mancanza di progettualità pregressa;
-mancanza di conoscenza sul tema cicloturismo e su quelli che sono i bisogni del cicloturista;
– mancanza di corrispettiva segnaletica sul territorio relativa al materiale pubblicato.

Tutti questi “errori” sono a loro volta figli del mancato coinvolgimento di tutte quelle realtà e competenze che in qualche modo già operano nel settore bici e non solo, a livello territoriale (associazioni, rivenditori, operatori turistici ecc.) e soprattutto dall’assenza di supporto da parte di un sodalizio come la FIAB (Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta)

La FIAB non perché è la più bella, ma perché è una federazione nazionale che opera da 30 anni e, oltre ad occuparsi di temi quali mobilità urbana in bicicletta e cicloturismo, supporta e offre formazione alle associazioni locali (come la nostra) che in molti casi diventano a loro volta vere e proprie miniere dalle quali le amministrazioni possono attingere gratuitamente suggerimenti, soluzioni e competenze.

E’ indispensabile collaborare e la collaborazione non è altro che l’unione di tutte le possibili competenze con l’obiettivo di offrire il miglior prodotto, il più completo possibile, nel miglior modo possibile (la fruizione del nostro territorio), e venderlo.

La prima domanda da porsi è: “esistono decisori, funzionari o politici che credono davvero nella bicicletta come mezzo per rilanciare l’intera economia del nostro territorio?” La risposta è “no”,  fino ad oggi nessuno. Purtroppo questa è una condizione imprescindibile affinché si inneschi quel sano processo di cambiamento.

L’indotto del cicloturismo in Europa genera un fatturato di 12 miliardi di Euro all’anno (2012) ed è un settore in forte crescita. Ovviamente la gran percentuale di questi dati è concentrata negli stati che più investono e credono in questa risorsa (Germania, Olanda, Danimarca ecc.). Investire adeguatamente sul turismo sostenibile anziché sulla “risorsa” petrolio porterebbe ad una inevitabile inversione di tendenza in termini di ricaduta economica sul territorio, con la differenza che lo sfruttamento scellerato del sottosuolo arricchisce solo chi muove i fili del potere e lascerà inevitabilmente macerie, degrado e disagio a breve-medio termine. La fruizione lenta del territorio attraverso attività a impatto zero invece, non inganna con immediati introiti stratosferici ma è un processo che cresce giorno dopo giorno e ripaga a lungo termine. Genera movimento, distribuisce ricchezza diffusa lì dove passa: economica e culturale. Preserva il territorio e arricchisce tutti, dall’operatore turistico al ferramenta.

Nella cultura meridionale la bicicletta è da sempre vista come un gioco, un passatempo per i ragazzi, oppure come un mezzo prettamente sportivo. In tutti e due i casi un mezzo da usare la domenica. E’ evidente che i popoli nord-europei non la pensano affatto come noi. Difatti in Europa la bici è al centro dell’economia, si legifera contro le auto e a favore delle bici (persone) che occupano sempre più spazio all’interno delle città e tutto funziona, la moneta gira, la qualità della vita è migliore….perché non seguire le buone pratiche del resto d’Europa?