Mobilità sostenibile: un diritto di tutti

Che la maggior parte delle città italiane non siano a misura d’uomo, si sa. Ma finché non ci si trova nella situazione, non si pone attenzione alle centinaia di ostacoli che impediscono alle cosiddette fasce più deboli di muoversi liberamente per le nostre strade.

I genitori di bambini piccoli, gli anziani, i disabili o i parenti di disabili lo sanno bene. Provate a fare una passeggiata nei centri delle vostre città, spingendo un passeggino, o una carrozzella o con un bastone e gli occhi bendati. Sicuramente i marciapiedi dissestati, la mancanza di zone a traffico limitato, l’assenza di sensori acustici, le numerose barriere architettoniche o la mancata funzionalità degli ausili esistenti, non vi rendereanno la vita semplice.

Come fa allora, per fare un esempio, un diversamente abile in carrozzella desideroso di muoversi in maniera sostenibile, ad utilizzare i mezzi pubblici? Semplicemente non lo fa! Prenderà la propria automobile attrezzata per la guida.

E se un disabile volesse utilizzare la bici per andare in centro? Vi sembra fantascienza? Non è così: esistono ausili specifici da attaccare alle proprie carrozzelle per trasformarle in bici. Esistono anche dei nuovi prototipi di bici cargo pensati per il trasporto, senza emissioni inquinanti, sia di merci che di persone.

Ma se muoversi nel traffico cittadino è difficile per i cosiddetti normodotati, per le fasce più deboli risulta impraticabile.

Rossella Giarratana, professionista nel campo dell’editoria e mamma di tre figli, di cui l’ultimo di 11 anni affetto da tetraparesi, vive a Milano e ha sempre temuto per i suoi figli che volevano girare in bici. «Io sono un’amante della bici – dichiara –  e per qualche tempo l’ho usata, ma ho sempre disincentivato i miei figli per paura. Per la più grande, ho preferito comprarle il motorino: almeno bisogna prendere un patentino».

Rossella

«So che esistono ausili anche per le persone affette da disabilità – continua Rossella  – ma andare in bici per i disabili, se pur possibile (ricordo una ragazzina, compagna di classe del mio secondo figlio che durante una recita scolastica si muoveva sul palco con una bici) è difficile per due motivi. I costi di tutti gli asuili per disabili sono spesso proibitivi, ma questo problema è superabile grazie ai sussidi delle ASL, e secondo, ma ben più importante, la struttura urbanistica delle città. Le barriere architettoniche sono ovunque, persino negli asili e scuole materne; le piste ciclabili esistenti sono in realtà “pseudo-piste ciclabili” perché non sono sicure e adeguatamente divise dalla carreggiata dove transitano le auto».

Per cercare di recuperare maggiori informazioni possibili abbiamo contattato due aziende milanesi, la prima si occupa di ausili per disabili, la seconda di modalità alternative di trasporto tra cui offre un triciclo studiato per trasportare le persone diversamente abili sedute sulla carrozzella, mentre un parente, amico o operatore socio-sanitario è alla guida.

Dalla loro esperenzia emerge che il mercato è ridottissimo. I clienti sono prevalentemente anziani, normodotati che non sanno usare bici normali e casalinghe. Per potenziare questo mercato rivolto ai diversamente abili, ci vorrebbero finanziamenti ad hoc e più piste ciclabili e maggiore sicurezza.

Parlare di disabilità come un unico tema è impossibile, tante sono le forme: ogni caso è, infatti, un caso a sè. Si può però generalizzare se si parla di diritto al movimento e alla mobilità sostenibile. Alcune città europee sono molto più attente da questo punto di vista. Rossella recentemente è stata a Dublino dove non ha riscontrato problemi a girare con Roberto.

«Dublino non ha barriere: autobus e tram si fermano ad altezza marciapiede e nelle strade ci sono scivoli a ogni attraversamento, fatti bene non come in Italia che da un lato del marciapiede vai in strada con lo scivolo e dall’altra parte ti ritrovi il gradino».

In Danimarca, invece, dove si era recata da sola per lavoro «ho notato che tutti (e sottolineo tutti) i taxi che abbiamo preso (era un viaggio stampa e quindi ci prenotavano macchine grandi tipo Viano) avevano la pedana per far salire le carrozzine. In Italia non esistono».

Secondo lei ci sarebbe un’utenza per le bici per disabili perché è un modo più godibile di muoversi che può giovare alla salute delle persone affette da handicap soprattutto motori, ma è necessaria una trasformazione a monte.

 Le amministrazioni comunali dovrebbero quindi applicare politiche sociali e urbanistiche che integrino disabilità e mobilità sostenibile.

È un tema delicato e  l’informazione in merito è scarsa. La redazione di Econote è quindi grata a tutti coloro che vorranno condividere riflessioni e esperienze personali attraverso la pagina Facebook. Anche assessori e consiglieri sono invitati a prendere parte alla discussione, presentando i progetti delle proprie amministrazioni in materia.

Con questo articolo chiudiamo il mese di giugno dedicato alla bicicletta.

Spero di esservi stata utile e che tra queste righe abbiate trovato spunti. Torneremo a parlare di bici molto presto. Aspettatevi un’intervista collettiva a papà di tutta Italia, gli eroi che tutti i giorni sfidano il traffico per portare i propri figli a scuola.

Con il mese di luglio parleremo invece di sole