Ilaria Alpi: 20 anni di segreti

Sono le 14.30 di una domenica pomeriggio. Ilaria Alpi e il suo cineoperatore Miran Hrovatin sono appena rientrati a Mogadiscio dopo aver trascorso 4 giorni a Bosaso, parte Nord-Est della Somalia, sono appena usciti dall’Hotel Amana dove si erano recati per un incontro a cui non si è mai presentato nessuno. Salgono a bordo su una Toyota e dopo pochi metri vengono accerchiati da un commando di 7 uomini. Da quel momento in poi è storia conosciuta. Ilaria e Miran vengono uccisi. Si pensa a un rapimento finito male, ma molti sentono odore di esecuzione perché i conti non tornano.

Cosa successe davvero durante quella domenica di sangue nel Corno d’Africa è ancora avvolto nel mistero, come il perché. Sono passati vent’anni e la madre di Ilaria non si è mai arresa, nonostante lei stessa abbiadichiarato al quotidiano La Repubblica in questi giorni:Mi sono scontrata con un muro di silenzi, depistaggi, documenti spariti e strani decessi di persone legate al duplice omicidio.

Tutta la cronistoria di questi ultimi vent’anni è riportata sul sito dedicato alla giornalista. Qui trovate Il caso Alpi. La Storia, che ripercorre i fatti fino al 2013 quando la Presidenza della Camera, su iniziativa della Presidente Laura Boldrini, ha avvio la procedura per desecretare più di 8mila documenti degli atti acquisiti dalle Commissioni parlamentari d’inchiesta sui rifiuti e sul caso Alpi-Hrovatin: 750 documenti secretati contengono riferimenti diretti a Ilaria Alpi. L’iniziativa del Presidente Boldrini ha avuto seguito dopo che lo scorso novembre Greenpeace ha chiesto alla Presidenza della Camera la desecretazione dei dossier sui traffici di rifiuti.

Il traffico dei rifiuti tossici legato a quello di armi è la tesi più avvalorata sugli omicidi Alpi-Hrovatin. Negli anni diverse inchieste giornalistiche hanno cercato di ricostruire ciò che accadde in Somalia, dove Ilaria Alpi era stata sette volte. Ilaria e Miran non sono le uniche morti sospette, ma c’è un sottile filo che le lega a quelle di Vincenzo Li Cusi e Mauro Rostagno. Spiega il nesso tra questi omicidi il sito conflittidimenticati.it, che riporta:

La giornalista della Rai venne assassinata insieme all’operatore Miran Hrovatin a Mogadiscio, il 20 marzo 1994. Vincenzo Li Causi, uomo del Sismi (servizio segreto militare italiano), per un certo tempo attivo presso la struttura di Gladio operante a Trapani (il centro Scorpione), fu ucciso a Balad, in Somalia pochi mesi prima: era il 12 novembre 1993. Mauro Rostagno, ex leader di Lotta Continua, giornalista e fondatore, insieme a Francesco Cardella, della comunità Saman per il recupero dei tossicodipendenti, venne trucidato nei pressi di Trapani il 26 settembre 1988.
Questi omicidi, apparentemente senza nesso tra loro, hanno un comune denominatore: la Somalia. Secondo quanto dichiarato ai magistrati da Carla Rostagno, sorella di Mauro, il fratello avrebbe visto e filmato l’arrivo a Trapani, in un aeroporto abbandonato (già usato da un gruppo di Gladio), di velivoli militari italiani da trasporto che scaricavano aiuti umanitari per imbarcare armi e ripartire. Rostagno avrebbe dato copia della registrazione a Francesco Cardella.

L’asse Italia-Somalia risalirebbe al governo Craxi negli anni ’80: la Somalia avrebbe rappresentato il principale destinatario dei finanziamenti della cooperazione italiana e la Alpi avrebbe proprio indagato sulla destinazione di questi fondi. In un’intervista a Repubblica la signora Alpi parla dei taccuini della figlia, che non sono mai stati ritrovati. Su questi c’erano scritte molte cose sulla Cooperazione italiana, sulla strada Garore-Bosaso e nomi di imprenditori che gestivano gli approvvigionamenti delle truppe italiane in Somalia.  Erano tutti tasselli di un quadro più grande, che avrebbe coinvolto alcuni Ministeri, i servizi segreti e molti imprenditori.

Alla vigilia dei vent’anni sono in molti a chiedere chiarezza. Greenpeace ha pubblicato sul proprio sito un lungo documento estratto dagli archivi parlamentari:

Pubblichiamo qui in allegato un estratto degli archivi parlamentari – datato al settembre 2012 – che riporta l’elenco dei documenti . Quelli riservati sono circa 750 e forse non sono tutti (a questo link un nostro elenco dei soli documenti classificati e riservati). Guardando i titoli, oltre un centinaio di documenti riguardano esplicitamente il ruolo del faccendiere Giorgio Comerio e dell’ODM (Oceanic Disposal Mangment), una settantina più generalmente i traffici di rifiuti tossici e radioattivi, oltre un centinaio le cosiddette “navi a perdere” e una sessantina riguardano la Somalia. Forse andrebbero valutati con criteri legati alla maggiore rilevanza, più che con semplici parole chiave.

P.S. Uno dei documenti secretati è di provenienza Greenpeace e riguarda il tema del caso delle ricerche a mare relative alla nave affondata al largo di Cetraro (2009) che, secondo il pentito Fonti, sarebbe stata la Cunski, una delle navi sospettate di traffici di rifiuti, mentre, secondo le ricerche condotte per conto del Ministero dell’Ambiente, sarebbe la nave “Catania” affondata nella prima guerra mondiale. Su questa ipotesi sia Greenpeace che altre associazioni hanno espresso i loro dubbi.

Nel rapporto di Greenpeace “The toxic ships” si riporta che per effettuare le ricerche a mare il Ministero della Difesa inglese aveva presentato al governo italiano una offerta di valore più basso di quella poi concessa alla Mare Oceano di proprietà dell’armatore Attanasio (vedi pag. 10 del rapporto). Greenpeace, nel corso di un’audizione parlamentare sul tema, ha chiesto di mantenere il segreto su questo documento esclusivamente per la tutela delle proprie fonti.

In questi stessi giorni il sito Articolo21 ha lanciato su change.org una raccolta firme in cui si chiede alla Boldrini di squarciare il muro di gomma che ha ostacolato la verità, raccogliendo in poco tempo più di 50mila firme.

L’onda mediatica sul caso Alpi-Hrovatin non è mai cessata. Si spera che alle domande ancora inevase, arriveranno le risposte giuste.