“Sì, si può fare”, sorride rassicurante. E se lo dice lei, ci possiamo fidare. Lei è Gea Scancarello, classe 1980, giornalista, blogger e esperta di sharing economy. Esperta nel vero senso della parola: nell’ultimo anno Gea ha esperito il verbo in tutte le sue coniugazioni, testandone la comodità del couchsurfing, nutrendosi di foodsharing e di social eating, viaggiando in lungo e largo per il mondo grazie al carsharing e al carpooling.
Il tutto lo ha raccontato in un libro bello e utile che si intitola “Mi fido di te. Un nuovo modo di vivere con gli altri e salvarsi” (Chiarelettere), presentato domenica a Torino nello studio Qbo durante l’evento Lov Vanchiglia. Il nuovo modo di vivere si chiama appunto sharing economy, anche detta, alle nostre latitudini, economia collaborativa o economia della condivisione.
250 pagine in cui mescola ansie da prestazione, autoironia, pulizie straordinarie e istruzioni per l’uso di come si possa dormire, mangiare e viaggiare fidandosi di perfetti sconosciuti. O quasi. Già, perché in effetti ai tempi di internet anche lo sconosciuto non è più un completo sconosciuto e anzi può godere di ottima reputazione. “La reputazione online è un sostituto della carta d’identità – spiega Gea – : per ogni sito e servizio al quale sono iscritta ho un profilo pubblico in cui io descrivo me stessa e i miei contatti valutano me. Insomma, un quadro dei miei pregi e difetti a disposizione della collettività”. E su questa reputazione si costruisce poi la fiducia 2.0, molla che ci fa decidere di andare a dormire sul sofà da un estraneo o di affidare le chiavi della nostra casa a una persona mai vista prima.
Chi e perché lo fa? Adulti, più di quanti ne possiamo immaginare, persone curiose, viaggiatori, aperti al mondo, ache quello che può entrarti in casa. Qualcuno lo fa per soldi, per risparmiare o per guadagnare, certo, ma per molti la condivisione è il fine, non il mezzo. “Forse, ed è una delle scoperte che non avevo messo in conto, i vantaggi economici non sono nemmeno i più importanti: al di là del denaro, ci si arricchisce di energia e di consapevolezza. La rottura di alcuni schemi di consumo e di interazione con il prossimo libera un nuovo valore, radicato – talvolta, anzi, imprigionato – nelle maglie della comunità e fatto innanzitutto di disponibilità e di fiducia“.
Certo, l’aiuto reciproco, gli scambi e la cooperazione non sono certo un’invenzione della sharing economy, ma la tecnologia ne ha ampliato la gittata, globalizzando le relazioni solidali e costruendo forse, anche un nuovo modello di famiglia: una sorta di Famiglia Globale di cui siamo tutti potenzialmente membri. Basta volerlo.
E in Italia, come sta la nostra economia della condivisione? Stretta in una zona grigia tra le morse di ritardi legislativi e regole incerte, la sharing economy esiste, resiste e anzi ci regala primati insperati: nel Belpaese il tasso di crescita del carsharing è il più alto del mondo, con un salto acrobatico che ci ha visti passare dai 19mila iscritti del 2011 ai 250mila nel 2014.
E per il futuro, che novità collaborative ci possiamo aspettare? “Le novità che potrebbero sbarcare da noi sono tante – promette Gea Scancarello – per esempio il noleggio peer to peer dell’auto privata, che all’estero dà ottimi risultati anche in termini ambientali: ogni vettura in media resta parcheggiata 290 giorni all’anno, noleggiandola si possono togliere dalla strada almeno 9 veicoli privati”.
E poi avremo banche del tempo informatizzate in cui mettere a disposizione tempo e competenze e piattaforme che consentiranno di prestarsi e scambiarsi oggetti (dal libro, al tosaerba), in cui il concetto di possesso è sostituito da quello di accesso.
Una rivoluzione vecchia e nuova allo stesso tempo, in grado di moltiplicare le relazioni e migliorare la vita di tutti. Basta, semplicemente, fidarsi.
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