#Adottaunapista, a Torino i ciclisti monitorano lo stato delle piste ciclabili

Ci sono adozioni che se proprio non ti cambiano la vita, perlomeno sono in grado di migliorarla. A te e agli altri tuoi simili. Un esempio? Si chiama #Adottaunapista il progetto sperimentale di attivismo dal basso che invita i ciclisti urbani di Torino a prendersi cura delle piste ciclabili sabaude. Come? Segnalando sulla neonata piattaforma di monitoraggio il loro stato di salute, dettagliando eventuali buche, crepe, incoerenze. Diventandone, insomma, degli Adopter.
“Gli Adopter sono ciclisti che percorrono frequentemente le piste che adottano e ne segnalano sul sito le eventuali criticità” spiega Diego Enrico Panzetta, responsabile del progetto all’interno dell’associazione promotrice Bike Pride Fiab Torino che ha creato la piattaforma insieme al portale Sportorino. “In seconda battuta, gli Adopter avranno il compito di approvare le segnalazioni degli altri utenti, fungendo da filtro e da referenti in modo da aiutare la nostra associazione, che da sola non riuscirebbe a occuparsi di tutto”.

E poi? “Poi l’idea è quella di coinvolgere l’amministrazione, chiedendole di intervenire per sistemare le piste segnalate, in modo da garantire più sicurezza per la ciclabilità cittadina”. Anche perché il numero dei torinesi che scelgono di muoversi in bicicletta cresce, e questa specie in via di espansione merita tutta la tutela e la salvaguardia del caso.

“Già da tempo i ciclisti segnalano nei gruppi sui social, sui forum, via email all’associazione o direttamente all’amministrazione, lo stato delle ciclabili. Questo progetto vuole cercare di sistematizzare e integrare le diverse comunicazioni, non limitandosi alle piste ciclabili, ma in un secondo momento andando a coinvolgere  anche le aree pedonali e le strade a più alta frequentazione di biciclette, in modo da costruire una mappa in grado di segnalare in tempo reale eventuali problematiche”, spiegano i promotori.

“A Torino sono quasi 200 i km di piste ciclabili a disposizione, ma alcune di queste sono maltenute o purtroppo progettate male”, conclude Diego Enrico. Adesso lo strumento per farlo notare e cercare di porvi rimedio c’è. Certo, le piste ciclabili dei paesi nordici ancora ce le sogniamo, ma da qualche parte bisogna pur cominciare, no?