Intervista al viaggiatore – Elisabetta Bonino

Tornano le interviste ai viaggiatori, su Econote ci piace parlare di viaggi, ma come sempre da una prospettiva sostenibile. E quale migliore racconto quello di una “nonna a piede libero”, ovvero di una audace signora che non teme l’età e i viaggi on the road? Lei è Elisabetta Bonino, una personalità sorprendente, che ha tanto da raccontarci a proposito di viaggi, passioni, paesi lontani.

Da poco è uscito il suo libro, “Nonna a piede libero” (qui il link), che racconta i suoi viaggi, ironizzando in parte sul fatto che lei è una classe 1945.

Nella sua scheda del libro leggiamo: “Ha cominciato a viaggiare in solitaria a una certa età, dopo essere diventata nonna”. Ma le chiedo: Ha sempre viaggiato, fin da giovanissima, o ha iniziato da una certa età in poi? Qual è la sua storia?

Samarcanda

Da piccola ricordo che ero convinta di essere stata rapita dai miei genitori agli zingari, di essere stata strappata a una vita di continue migrazioni per essere rinchiusa fra quattro mura in un’esistenza solitaria senza fratelli o sorelle. Ecco questo dev’essere l’inizio. Poi nel 1973, a ventotto anni, già madre di due bambini mi imbarcai in quello che doveva essere “il viaggio della mia vita”, nel senso che mi fece scoprire, facendolo, il senso del viaggio. Partimmo in sei per raggiungere il lontano Oriente via terra. Il primo tratto a bordo del famoso Orient Express e poi da Istanbul in poi con pullman locali di villaggio in villaggio attraversammo Turchia e Iran e raggiungemmo Kabul, in Afghanistan. Sembrò di aver usato la macchina del tempo, eravamo in pieno Medioevo: niente strade, treni, giornali, radio, tv, elettricità poche ore alla sera… Il nostro ingresso nel paese coincise però con la fuga del re e un colpo di stato cui seguirono la chiusura delle frontiere. Non ci fu modo di proseguire verso il Pakistan, eravamo chiusi dentro i confini afgani. Alla riapertura decidemmo poi di tornare indietro per la stessa strada. Fu un viaggio quanto mai disagevole, anzi estremamente disagevole, con il sole implacabile di luglio e i suoi 45° C. Ma mi si aprì un mondo. Mi si aprì IL mondo.

Sono seguiti 5 anni in cui tra lavoro, bambini e problemi familiari sono stata in letargo.

Nel 1978 scalpitavo, decisi di attraversare l’America senza soldi, era una sfida (vinta), ma ne parleremo dopo.

Ad un certo punto della mia vita ho poi pensato che era tempo di togliermi tutte le soddisfazioni, di seguire il mio cuore e di viaggiare a cadenza annuale verso lidi lontani. Australia, Colombia, Cile, Mongolia, Asia Centrale (ripetutamente), Iran, Yunnan (Cina), Georgia, Jakuzia (Siberia orientale) alcune delle mie mete.

Come sceglie e ha scelto la meta dei suoi viaggi?

Non so rispondere. Di fatto sono mille gli imput che coincidono assieme per farmi desiderare fortemente di andare in un posto piuttosto che in un altro. Il punto di partenza è il desiderio di conoscere TUTTO il mondo, poi mano a mano un viaggio ne chiama un altro. Un paese ti suggerisce il prossimo. A volte sono letture, libri di viaggi, documentari. Come per la mitica Via della Seta. Come non rispondere al suo richiamo?

Mongolia

Sono molto incuriosito dal viaggio in autostop da New York sino a Città del Guatemala, attraversando tutto il Messico, di cui parla nel libro. Ci racconta qualcosa in più su questa avventura?

Ecco, scalpitavo, dicevo prima… Volevo intraprendere qualcosa in apparenza impossibile. Viaggiare senza denaro. Avevo letto non so dove che se si resta senza mezzi in qualche parte del  mondo il consolato si occupa di farti rimpatriare… L’unica tratta davvero impossibile da percorrere senza soldi era l’attraversamento dell’oceano Atlantico, ma c’era una soluzione economica anche a quello. Partii in autostop da Roma e raggiunsi in questo modo Londra. Il mio compagno di allora, dapprima riluttante a seguirmi nell’impresa, a quel punto decise di raggiungermi. Era agli albori la prima compagnia aerea low cost, la Virgin, offriva passaggi aerei per New York a prezzi stracciati, senza prenotazione e senza pasti a bordo (oggi quest’ultima è spesso una prassi). Bisognava mettersi in fila davanti al piccolo ufficio dentro la stazione Victoria di Londra, solitamente dormendo lì lungo i binari almeno dalla sera prima e al mattino il primo contingente per riempire l’aereo poteva acquistare l’agognato biglietto. Ricordo che ci si organizzava fra ragazzi scrivendo su foglietti il nostro ordine di arrivo e che a noi fu necessaria una sola notte all’addiaccio prima di poter partire.

New York. Ci siamo. Dall’aeroporto Kennedy al centro di Manhattan in autostop con un simpatico iraniano. Avevamo l’indirizzo di un alloggio di fortuna presso una chiesa. Non rispondeva a verità, ma un ragazzo che usciva dalla chiesa dismessa ci portò a casa di un amico pittore che viveva in un loft di Greenwich il quale ci permise di pernottare sul pianerottolo dell’ultimo piano da cui si vedevano i grattacieli della città…

Lasciammo New York con la famiglia di uno scrittore (amici del pittore) che tornava nel Vermont dove viveva in un villaggio abbandonato, abitato solo da loro. Da lì ebbe inizio una catena di altri incontri e di tratte in autostop fra città e città, di offerte di alloggio e cibo da parte di persone meravigliose e generose. È successo addirittura che persone non in grado di darci un passaggio si fermassero almeno per offrirci panini e una bibita.

Noi avevamo un rotolo di stampe indiane su carta di riso (regalateci da un amico) da vendere lungo la strada. All’uopo frequentavamo i Flea market locali e così ci siamo finanziati, ma devo dire che all’interno degli Stati Uniti non abbiamo speso un dollaro! Abbiamo trovato un’enorme disponibilità e ospitalità. Ci è capitato persino, dopo averci ospitato e rifocillato, di sentirci ringraziare per aver offerto la possibilità di uno scambio culturale!

Poi il Messico, paese affascinante, da nord a sud. Mi rimase la voglia di tornarci, l’ho fatto varie volte e l’ho percorso in lungo e in largo. Ricordo l’attraversamento del confine Messico-Guatemala a bordo di un minivan di suore salvadoregne che hanno cantato per tutto il viaggio e hanno preteso che ci esibissimo pure noi con canzoni italiane.

Non abbiamo dovuto ricorre al rimpatrio forzato, perché a Città del Guatemala abbiamo conosciuto un ragazzo italiano proprietario di un ristorante il quale ci ha prestato il denaro per riprendere un aereo “last minute” e che abbiamo rimborsato al nostro arrivo in Italia. Allora c’era la possibilità di imbarcarsi negli ultimi posti rimasti liberi sui voli di linea, all’ultimo minuto appunto, e a prezzi ridicoli.

Ho scoperto del suo libro e della sua storia attraverso un post di Claudio Piani, anche lui un super viaggiatore… come è stato incontrarlo in un posto sperduto del mondo?

Claudio è un viaggiatore straordinario e ho apprezzato tantissimo il suo modo di scrivere e di raccontare le sue esperienze. Ci siamo conosciuti a Khorog, capoluogo del Gorno-Badachshan, regione del Pamir tagico, in un ostello degli ismailiti. Fa sempre piacere incontrare un compatriota e rilassarsi a chiacchierare nella propria lingua. Poi, come spesso accade, ci siamo rincontrati lungo il nostro percorso. Ricordo, dopo un viaggio di 13 ore “fuoristrada”, di essere arrivata stravolta  nell’ostello della capitale e, mentre scendevo dal mezzo, di aver sentito una voce amica che mi si rivolgeva: “Posso aiutarti, Elisabetta?”. Ah, Claudio, una gentilezza indimenticabile. C’è stato addirittura, nello stesso viaggio, un terzo incontro fortuito a nord-ovest del paese, presso il lago Iskanderkul, dove abbiamo passato un’incantevole serata assieme ad altri viaggiatori sulla spiaggia, davanti ad un falò e con una birretta fresca… Da allora siamo sempre rimasti in contatto.

Nei suoi numerosi viaggi, un posto che è stato deludente e un posto che l’ha sorpresa?

Ho riflettuto su questa domanda, ma devo affermare che nessun viaggio mi ha delusa, ho apprezzato tutto di tutti i posti che ho visitato e allo stesso tempo tutti mi hanno sorpreso con la loro unicità.

Su econote, che è un sito ambientalista, parliamo spesso di natura. Quale è stato il paese “naturalisticamente” più bello che ha visto?

Anche qui, faccio difficoltà, perché il mondo è bellissimo nelle sue diversità. Sono spettacolari i vulcani del Cile, i monti del Pamir, ma è altrettanto affascinante il deserto di Gobi. Le cime carsiche lungo il fiume Li nello Guangxi cinese sono un gioiello. Ho amato molto la Mongolia perché lì la natura è rimasta incontaminata. Avevo spesso la sensazione di calpestare la stessa immutata terra di Gengis Khan: niente strade, nessun palo della luce, niente agricoltura. Ampie zone di terra incontaminata, non modificata dall’uomo.

Kirghizistan

Quali sono le piccole e le grandi scelte che fa per rispettare l’ambiente?

Bevo solo l’acqua del rubinetto e quando viaggio la faccio bollire. Ho dichiarato guerra alle bottiglie di plastica. 😀

Sono rimasta scioccata, attraversando il deserto tra Samarcanda e Buchara, nel vedere un MARE di bottiglie di plastica che gli automobilisti gettano continuamente dal finestrino.

Progetti per i prossimi viaggi?

Non dico niente di nuovo affermando che il Covid ci ha tagliato le gambe… Quest’anno penso di andare in Pakistan a dicembre.

Un progetto che ho nel cassetto è di andare a Usuhaia, la città più a sud del mondo. Vedremo…