Impianti eolici e colonizzazione

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La costruzione delle wind farm rientra nella pianificazione territoriale, la costruzione degli impianti eolici è sottoposta a norme che disciplinano lo sfruttamento del suolo e dell’area geografica di interesse. Sarebbe naturale pensare che le torri eoliche dovrebbero essere costruite in quei luoghi dove possa essere massimo il loro rendimento, dove c’è vento insomma. Alcune aree restano interdette, luoghi che per il loro interesse storico-culturale devono essere assolutamente tutelati, infatti: come si sposerebbe un impianto eolico nella Valle dei Templi di Agrigento o accanto alla mitica Ayers Rock in Australia?

Ma prima di cedere alle logiche di interesse e pensare solo ai benefici che le wind farm potrebbero apportare in termini di produzione energetica, sarebbe utile soffermarsi sul valore che i locali (e non solo) attribuiscono al luogo nel quale vivono. In alcuni casi ad opporsi alla costruzione di questi impianti, sono stati proprio gli ambientalisti e i comitati territoriali. L’idea che le pale eoliche si sposino col paesaggio e che si coniughino in armonia con la natura circostante, non è sempre condivisa. Ad essere impressi di storia non solo i siti protetti dall’Unesco, riconosciuti formalmente come patrimonio dell’umanità. L’eolico smuove forti interessi ed alimenta un florido business (le lobby industriali sono sempre più alla ricerca di “zone ventose” da colonizzare), in molti casi viene ignorato il valore del passato locale, oltre al legame affettivo verso un paesaggio che rispecchia l’identità dei gruppi che vi abitano.

Campagne e vaste distese di campi agricoli, sono, nel caso del Mezzogiorno d’Italia, le aree preferite per impiantare le torri. Le popolazioni locali vengono in molti casi persuase con regalie: bollette elettriche dimezzate fino ad arrivare a varie forme di corruzione della dirigenza politica del posto. Un innesto di progresso tecnologico creato per effetto di un rapporto di potere, che vede i gruppi locali indifesi o in netta minoranza.

Mentre il profitto ottenuto verrebbe ridistribuito tra gli abitanti locali, la modificazione del paesaggio alienerebbe il rapporto tra l’individuo e il luogo nel quale vive.