Fuck For Forest: e il porno diventa verde

Il progetto Fuck For Forest nasce in Norvegia, nel 2004, grazie alle fantasie erotiche di Tommy Hol Ellingsen e della svedese Leona Johnasson. Quello che all’inizio sembra un inno all’amore libero ed alla natura, rivoluzionario quanto innocente e per questo finanziato persino dal governo norvegese, si concretizza in pochi mesi in un frequentatissimo sito di materiale pornografico ad accesso a pagamento, dove chiunque può mandare il proprio contributo (sesso e/o foto di nudo, l’importante è che il tutto si svolga sotto agli alberi) ed in una vera e propria, la prima al mondo, ong porno-ambientalista.

La loro filosofia:

“I nostri corpi, la nostra sessualità e la natura soffrono della medesima oppressione […], l’oppressione del corpo e della sessualità è la causa di molti problemi nel nostro mondo; se noi facessimo di più l’amore…forse distruggeremmo di meno?”

E ancora

“Il sesso è utilizzato per venderci tutta una serie di prodotti consumistici ed inutili, o per venderci altro sesso ancora…e allora perché non usarlo per una buona causa?”

“Quando viene trasmesso un film che mostra due animali che si accoppiano lo chiamiamo “documentario”; se vengono mostrati due esseri umani che si accoppiano, allora viene chiamato “porno” e ne è vietata la visione alle persone fino ad una certa età.. ma in fondo anche questa è soltanto natura!”

Grazie ad un amplesso appoggiati ad una cassa dell’impianto di amplificazione  sul palco del festival musicale norvegese “Quart Festival”, Tommy e Leona si guadagnano l’attenzione dei media internazionali e una denuncia per oscenità in luogo pubblico. Tommy, durante l’udienza in tribunale, si abbasserà i pantaloni davanti alle telecamere proclamando di “voler fare l’amore con i media”.

Il governo norvegese ritira i fondi e i porno attivisti si spostano a Berlino, città “povera ma sexy” proprio come loro, che hanno fino ad ora guadagnato circa 245.549 euro tramite il sito internet e devoluto il tutto per la tutela delle foreste di Brasile, Perù, Ecuador, Slovacchia e Costa Rica.

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Leona nella foresta amazzonica

E’ di poche settimane fa l’ uscita sul grande schermo di “Fuck For Forest – il Film”, del regista Michal Marczak, che ha seguito gli attivisti per sette mesi, mostrandone la vita quotidiana ed un viaggio nella foresta amazzonica, dove gli indigeni non accetteranno i loro fondi (e neppure la loro nudità), come in precedenza avevano già fatto grandi gruppi internazionali di tutela ambientale come il WWF.

Gli attivisti si giustificano così:

«Sono stati regista e produttori del film a volerci far andare da quella tribù specifica, che non conoscevamo. E loro non ci conoscevano. Sono otto anni che lavoriamo con e per i popoli nativi di tutto il Sud e Centro America e sappiamo molto di loro. Se fossimo stati noi a organizzare il viaggio, e non registi e produzione a manipolare, l’esito sarebbe stato diverso»

Altro motivo di scontro tra gruppo FFF e regista è la, a detta degli attivisti, distorta e sminuente immagine che viene offerta al pubblico riguardo al loro operato.

Il film comincia con una voce fuoricampo che dice:

“Immaginate di essere un indigeno Huitoto che, nel profondo della foresta amazzonica, una mattina si sveglia e trova nel giardino sul retro un paio di norvegesi nudi che dicono che il mondo occidentale è impazzito, ma che loro hanno trovato una soluzione per salvare la vostra terra”

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amare la terra

Alla luce di questa introduzione, come dare torto agli attivisti….ma come dare torto, soprattutto, agli indigeni?