Nina è la protagonista di Le affacciate di Caterina Perali, nuovo libro NEO edizioni (dalla copertina pazzesca). Lavora in una grande società di eventi, a Milano, e abita nel quartiere Isola, a due passi dal Bosco Verticale. All’improvviso, Nina perde il lavoro, insieme ad altri colleghi. La sua vita cambia totalmente. La disoccupazione trasforma il suo modo di vivere e affrontare la quotidianità milanese. Niente più aperitivi e riunioni fiume e lavoro fino a notte fonda. Si chiude in casa, e vive a pieno il suo condominio a ringhiera, provando a interfacciarsi coi vari vicini. Nel frattempo mantiene una vita attiva sui social e sulle chat whatsapp, per far finta con amici e parenti che nulla sia cambiato.
Si tiene impegnata, Nina. Il suo condominio nel quartiere Isola è un microcosmo di varia umanità. Lei passa le giornate a contare i chiodi sulle travi del suo soffitto e osservare gli abitanti degli appartamenti, che fino a quel momento le sembravano così lontani.
È così che entra in contatto con Adele, anziana vicina che somiglia vagamente a Carla Fracci e con la quale non era mai entrata in confidenza. Una lettera, però, a firma Svetlana, le fa entrare in confidenza. Adele piano piano sembra aprirsi con la vicina, che intanto, senza più una vita lavorativa, si riversa anima e corpo in questa nuova conoscenza. Conoscenza che si allarga, quando arrivano nell’appartamento altre due donne: Teresita che legge la mano ed è ancora sessualmente molto attiva e Svetlana, la donna grossa e forte, scappata dalla guerra nei balcani e che sul cellulare un selfie con Obama. Una cena a base di lasagne e zuppa di pesce sarà il modo migliore per conoscerle, scoprire il loro passato e il sottile filo che lega le loro esistenze.
La scrittura dei Caterina Perali è ironica e tagliente. Si insinua sotto la pelle. “Le affacciate”, offre uno spaccato di vita contemporaneo e alienante, fatto di social, whatsapp, emozioni aride, poca empatia. Un libro originale, sorprendente. Disseminato qui e lì di frasi folgoranti – “mangiare da soli mette alla prova, quando si è felici. Da infelici, e non per scelta, è una triste constatazione” oppure “siamo capaci solo di mostrarci. Io, il mio dolore e la mia disperazione; lei la sua pazienza e la compassione. Un gioco di ruolo anche per noi, diventate a nostra volta vittime della fragilizzazione delle relazioni, come diceva Bauman”, ancora “ La lamentela è l’alibi perfetto per la solitudine” – , questo romanzo riesce nel farsi leggere rapidamente, perché da lettore vuoi seguire la storia misteriosa delle “tre anziane donne”, capire in che modo siano legate l’una con l’altra. Una storia che si snoda a cavallo tra i decenni, tra la Jugoslavia, la Grecia e Venezia.
Angosciante, teso e visionario, il secondo romanzo di Caterina Perali è strettamente legato al suo primo, Crepa, pubblicato nel 2015. Nina è uno dei personaggi che ritroviamo anche qui, e ritroviamo anche gli altri personaggi di contorno, stessa l’ambientazione ai piedi del bosco verticale. Per chi come me quei luoghi li ha vissuti (dal 2008 al 2013 a Milano e, per pochissimo sarei dovuto andare ad abitare vicino al Bosco ancora in costruzione) questo romanzo ha la duplice funzione di evocare delle situazioni note e di descrivere degli atteggiamenti e dei modi di vivere tipicamente milanesi: il lavoro nel settore eventi, le continue mail, le riunioni, il sentire di non potere non staccare mai, pena l’uscita dai giochi, la scomunica, la dannazione eterna.
Si vede bene che l’autrice quelle sensazioni le ha vissute sulla propria pelle (se non le ha vissute, complimenti doppi), e sa bene anche descrivere il mondo contemporaneo in cui se non sei social non esisti, e sembra normale trascorrere un’intera serata a cena con cellulare in mano a mandare messaggi su whatsapp all’amica di sempre, Anna. Molto interessante, infatti, e quasi “storia nella storia”, la lunga serie di messaggi che Nina e l’amica si scambiano, durante tutta la lunghezza del romanzo. Le due parlano di tutto: lavoro, amore, appuntamenti, morti in mare, politica, attentati. Chat whatsapp, insomma, lo sappiamo bene, in cui i messaggi si susseguono a centinaia e spesso non hanno profondità, servono soltanto a stabilire un vago contatto, senza reale interesse.
I social permettono a Nina di fingere di essere ancora viva e produttiva, nonostante abbia perso il lavoro. Appena sveglia al mattino, i like sulle pagine, i commenti sotto un post, qualche messaggio su Facebook, permettono alla cerchia di amici di avere ancora un contatto. A lei, tutto questo serve per ingannare sé stessa e tenersi impegnata, in quella che è a tutti gli effetti una grande bolla illusoria.
Importanti e ben delineate sono le altre sottotrame che si dipanano da quella principale. La storia di Svetlana ambientata in Jugoslavia, la storia d’amore che vede come protagonista la piccola e misteriosa Adele. Tutte storie che, nel periodo in cui Nina è senza lavoro, servono ad arricchire la sua vita. Senza queste, probabilmente, sarebbe perduta. Servono, in qualche modo, a dare alla protagonista maggiore consapevolezza del mondo che le sta intorno, servono a farle alzare la testa dallo smartphone e guardare ancora in faccia le persone.
Un romanzo dalla forza inaspettata, questo della Perali, che indaga in modo sorprendente nella nostra vita quotidiana. Un romanzo che parla dei nostri tempi, parla di lavoro ma non solo, e che sa essere, allo stesso tempo, divertente e amaro.
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Caterina Perali (Treviso), anno 1975. Dopo gli studi a Venezia si sposta tra Genova e Lisbona per irrequietezza e amore delle città d’acqua. Per falsa coerenza ora vive tra Treviso e Milano, in un quartiere chiamato Isola, dove lavora nella produzione di spot pubblicitari. È stata autrice televisiva, ideatrice di social network fallimentari, sognatrice e collaboratrice per riviste di teatro e food and beverage. Suo il romanzo Crepa (13Lab Edizioni, 2015).
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