Roberto Bonfanti, L’uomo a pedali – Recensione

Una precisazione necessaria: L’uomo a pedali di Roberto Bonfanti non è un libro sul ciclismo. O meglio, non è solo un libro sul ciclismo.

In queste pagine le due ruote della bicicletta diventano metafora per raccontare il cambiamento, personale e interiore, e rappresentano inoltre un punto di riferimento per giudicare e rapportarsi a tutte le altre cose della propria esistenza. Sono pagine intense e piene di vita vissuta. I capitoli ripercorrono momenti di gara ciclistica: Ultima salita, la fuga, la caduta, il gruppo torna compatto, lo strappo decisivo, sono solo alcuni dei titoli. La vita che si configura come una corsa, cosa che in fondo è molto più reale di quanto si possa pensare.

La storia di questo romanzo ha ormai più di 10 anni. La prima edizione risale al 2009, ma a distanza di 12 anni è tornata disponibile grazie ai tipi di Edizioni del Faro. In effetti è una vera e propria nuova edizione, rivista non tanto nella trama ma nello stile.

La trama

La trama è di quelle semplici, ma che sono per questo universali: un uomo amante della bicicletta riflette sulla propria esistenza, dopo aver vissuto sulla propria pelle un brutto incidente che ha distrutto il ginocchio sinistro, e con esso i sogni di potere andare in bici senza dolori. “Vincere o perdere è solo un dettaglio assolutamente insignificante”: questa è la consapevolezza di Sergio, il protagonista del libro, arrivato ai 30 anni. Ed è proprio il giorno del suo trentesimo compleanno, un giorno di grandi cambiamenti, che Sergio mette da parte il dolore e risale in sella, per rivivere le emozioni di quand’era ragazzo, sulle due ruote. E durante il buio della notte, in una lunga pedalata e non senza dolori, si ritrova a rivivere i ricordi di una intera vita, a riflettere sul passato e a prendere importanti decisioni sul futuro.

“La strada può essere rivale o compagna. La strada è saggia e conosce sempre la verità” si legge nelle prime pagine del romanzo. Ed è proprio on the road, questo romanzo. Poco più di cento pagine dense e toccati, che sfiorano le corde del cuore. “Sergio pedala sereno, nel cuore della notte, su una strada isolata, con l’animo leggero e la testa piena di ricordi che non fanno più male”.

In queste pagine si apprezza il racconto emozionante di una vita tutto sommato ordinaria, ma ricca di sogni. Il dolore c’è, come in tutte le vite, ma in questo caso la bicicletta diventa il punto da quale tutto parte e tutto ritorna e serve anche ad attraversarlo, questo dolore, per poi prendere delle decisioni.

Le riflessioni che si leggono sono come appunti sparsi di un diario ricco di emozioni: amici, amori, riflessioni sul mondo, tutto passa per la mente di un uomo che durante la notte in sella si lascia attraversare da ricordi e sensazioni. Una lettura che lascia il segno, questa, e che più di una volta scatta in salita e stacca gli avversari che inseguono sulla strada dei sentimenti sinceri.

Roberto Bonfanti, che è un artista poliedrico – basta dare un’occhiata al sito per capire il suo mondo – ha pubblicato già altri romanzi, un progetto musicale e alcuni racconti. E sembra dare il meglio di se quando mette a nudo il suo personaggio, e forse un po’ anche se stesso.

La narrazione

La narrazione si snoda in un fluire di ricordi: dalle prime passioni per il ciclismo che arrivano dal nonno, al sogno di gareggiare nel Giro delle Fiandre dopo averlo visto da piccolo alla tv. Amore a prima vista con le due ruote: “Sergio e la bicicletta erano legati, allora più che mai, da qualcosa di profondo e indissolubile. Fu per la prima volte che così si trovo davvero solo. Solo al comando del nulla”.

Anche chi non ama il ciclismo, può apprezzare questo emozionante racconto di cadute e risalite. C’è tanto sudore, c’è passione, c’è un uomo tenace e coraggioso che affronta la vita sempre a testa alta. Dalla morte del nonno a cui lui era molto legato e a cui doveva tanto, ai primi amori finiti male a causa della lontananza, fino al baratro di droghe e alcol. E poi ancora: amori mordi e fuggi, posti di lavoro diversi e tanto girovagare, reale e metaforico. Mauro, Fabrizio, Luna, Alice, sono solo alcuni dei personaggi che lo accompagnano in questo viaggio.

“Quando sei in fuga, lanciato da solo verso il traguardo, che tu abbia una manciata di secondi di vantaggio o svariati minuti e che all’arrivo manchino poche centinaia di metri o diversi chilometri, non ha senso voltarsi indietro a controllare il gruppo. Devi solo spingere sui pedali e proseguire a testa bassa per la tua strada. Il resto sarebbe solo un’inutile distrazione e potrebbe solo far male”.

La Volata finale è il capitolo conclusivo, in cui si tirano le somme. “Si è alzato tardi, Sergio, e appena sveglio è sceso in garage, ha tolto la bicicletta dall’angolo polveroso in cui giaceva ormai da anni, l’ha pulita, ha oliato la catena e gonfiato le gomme, regolato il cambio e controllato i freni come faceva un tempo alla vigilia delle corse”. Ora, nel buio della notte, tutto sembra chiaro.

La scrittura

La scrittura di Bonfanti piace perché vera e sincera. La storia che racconta, quella tutto sommato di un uomo comune con una grande passione, riesce ad essere molto coinvolgente perché tutti si possono ritrovare nelle sue parole. Molto interessante, poi, la capacità di inserire il ciclismo più o meno in ogni capitolo, a rendere la bicicletta la vita ciclistica, una grande metafora della vita in generale.

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