Petrolio, dai territori parte la riscossa No Triv

Da un lembo di terra abruzzese parte la riscossa dei territori contro l’aggressione petrolifera al patrimonio ambientale italiano. Il Tar del Lazio, con sentenza depositata il 28 gennaio (consultabile a questo link) che i promotori del ricorso non esitano a definire «storica», ha annullato il decreto del Ministero dello Sviluppo Economico con il quale veniva accordato il permesso di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi (petrolio e gas) denominato “Colle dei Nidi” alle società Gas Plus Italiana, Medoilgas Italia e Petrorep Italiana.

L’area interessata si estende per circa 83 Km2 coinvolgendo 11 comuni delle province di Teramo, in Abruzzo, e di Ascoli Piceno, nelle Marche. La battaglia portata avanti per anni dal Comitato abruzzese per la difesa dei beni comuni e dal Coordinamento nazionale No Triv, appoggiati dalle associazioni ambientaliste e dalle imprese agricole e vitivinicole abruzzesi (nella zona si produce il Montepulciano Docg “Colline Teramane”), ha spinto tre Comuni teramani, Bellante, Mosciano Sant’Angelo e Campli, ai quali successivamente si è unita anche la Provincia di Teramo, a presentare il ricorso.

La sentenza rappresenta un argine importante ai piani di trivellazione delle multinazionali del petrolio.

Infatti, per la prima volta, i giudici amministrativi hanno riconosciuto il diritto degli enti locali ad essere coinvolti nelle procedure autorizzative.

Nel caso specifico, infatti, i Comuni erano stati bypassati dalle Regioni Abruzzo e Marche, deputate al rilascio della cosiddetta “intesa”, e dal MiSE. Questo, ha detto chiaramente il Tar, non era possibile alla luce della legge 239 del 2004, in vigore al momento della richiesta del permesso, poi superata da nuove disposizioni e politiche governative. Come la Strategia energetica nazionale, adottata dal governo Monti, e dal recente decreto Sblocca Italia del governo Renzi, particolarmente benevolo nei riguardi delle attività di ricerca ed estrazione degli idrocarburi su tutto il territorio nazionale. Tanto che già sei regioni (Lombardia, Veneto, Marche, Abruzzo, Puglia e Campania) hanno presentato ricorso alla Corte Costituzionale ritenendo che il decreto scavalchi le competenze in materia degli enti regionali.

colline_teramane

La sentenza, oltre ad allontanare l’incubo delle trivelle da una vasta area a vocazione agricola e turistica, è destinata a fare giurisprudenza. Sulla stessa base, infatti, anche altri territori in lotta contro il rischio petrolizzazione potranno far valere le loro ragioni. Come spiega Enzo Di Salvatore, professore di diritto costituzionale e consulente degli enti che hanno portato la questione davanti al Tar:

«La sentenza costituisce un precedente al quale hanno già mostrato interesse alcuni comuni della Basilicata e del Nord Italia. Inoltre – aggiunge il cofondatore del Coordinamento nazionale No Triv – la sentenza sta diffondendo la sua eco anche all’estero, dove sono interessati alle ricadute sulle strategie delle multinazionali coinvolte che, non dimentichiamolo, sono società quotate in borsa. Il titolo Colle dei Nidi si incastra con le altre richieste tuttora pendenti sui territori di Marche e Abruzzo. Se salta un tassello, rischia di saltare tutto il sistema».

Sono numerose le comunità locali che si oppongono in Italia alla deriva petrolifera, sia in mare che sulla terraferma. Solo per citare alcuni tra i casi più eclatanti, basti pensare alla Basilicata, all’Irpinia, all’Emilia Romagna, alla Puglia (per avere un quadro completo dei permessi di ricerca ed estrazione è possibile consultare il sito del Ministero dello Sviluppo Economico).

Ma i rischi non derivano solo dalle decisioni di casa nostra: la Croazia ha lanciato un piano di investimenti per le trivellazioni in mare Adriatico alla ricerca di petrolio, a poca distanza dalle nostre coste.

La battaglia a tutela del patrimonio ambientale italiano è ancora lunga.